AFPC – Tessari
Accrescere il fatturato aziendale grazie ad una brand strategy vincente.
A 36 anni dalla sua nascita[1], il marchio AIR JORDAN ha un valore, secondo Forbes, di oltre 10 miliardi di dollari, con un trend di crescita del 10% annuo[2]. Nonostante i risultati della classifica mondiale Interbrand 2020 (che ogni anno elenca i brand più quotati, secondo analisi economico-finanziarie, di mercato, legali, nonché basate sulla forza attrattiva dei marchi) mostrino la pesante perdita di valore subita dai brand “della moda” in ragione della pandemia[3], il valore del marchio AIR JORDAN cresce inesorabilmente.
Le sneakers AIR JORDAN sono state le più desiderate del 2020[4]. Il reddito annuo di MJ derivante dalla vendita dei prodotti AIR JORDAN è stimato in $ 130 milioni[5].
Il presente contributo evidenzia l’importanza, per le imprese che vogliano competere con successo nel mercato globalizzato, di investire nella trasformazione del proprio marchio in un “brand” dall’identità coerente ed attrattiva. Il “caso AIR JORDAN” spiega come il marchio, grazie ad una brand strategy vincente, sia in grado di accrescere in maniera significativa il fatturato aziendale, poiché oggi “il marchio supera definitivamente la propria accezione meramente indicativa di provenienza e origine imprenditoriale, per divenire un bene quasi del tutto autonomo, in grado di generare valore al di là del prodotto su cui viene apposto”[6].
AIR JORDAN contraddistingue la linea di sneakers ed abbigliamento, lanciata da Nike nel novembre 1984, ispirata al campione di pallacanestro NBA, Micheal Jordan. La storia racconta che al tempo, Sonny Vaccaro, uno dei dirigenti dell’area marketing di Nike, intuì le potenzialità del giovane MJ e convinse Nike ad offrirgli un contratto di sponsorizzazione con uno strabiliante compenso base di 500.000 dollari all’anno.
Nike attuò da subito la strategia volta ad immedesimare nel marchio AIR JORDAN i valori del giocatore: la voglia di non arrendersi mai e la volontà di andare oltre i propri limiti. Le relative campagne pubblicitarie furono caratterizzate dall’intenso utilizzo del “maketing esperienziale”, tecnica di promozione persuasiva e raffinata, che ha indotto il cliente a stabilire un feeling con il fenomeno dell’NBA ed il relativo brand, al punto da creare un legame emotivo importante, che non si è interrotto con la fine della carriera del cestista.
La “brand strategy” fu applicata fin dagli inizi. Lo dimostra il provocante lancio delle AIR JORDAN I, disegnate da Peter Moore nel 1985 in colore rosso sgargiante, in barba al divieto per i giocatori NBA di utilizzare scarpe dai colori diversi rispetto a quelle dei compagni di squadra. Nike pagò le sanzioni comminate a Jordan dall’NBA per l’uso delle AIR JORDAN I (5.000 dollari a partita), approfittando dell’occasione per promuovere il marchio ed il prodotto con uno spot divenuto celeberrimo, il c.d. banned commercial. Lo spot recitava: “Il 15 di Ottobre Nike ha lanciato delle scarpe innovative, le Air Jordan 1. Il 18 di Ottobre l’NBA ha vietato l’utilizzo di queste scarpe. Ma l’NBA non può fermare te nell’indossarle”. La campagna mediatica ebbe un enorme successo e le AIR JORDAN I divennero la prima “hit sneaker” del marchio, con un fatturato di 100 milioni di dollari realizzato in un anno.
Seguirono spot altrettanto significativi, quale il c.d. “Tell me” girato da Mark Romanek per le AIR JORDAN XII, che impresse su pellicola la volontà di MJ di tornare a giocare dopo il primo ritiro. Lo spot trasmise lo stato d’animo del campione. Trenta secondi in cui MJ corre verso il canestro e si esibisce. In sottofondo, la sua voce: “Challenge Me. Doubt Me. Disrespect Me. Tell me I’m Older. Tell Me I’m Slower. Tell Me I Can No Longer Fly. I want you to.”
Iconico è pure lo spot dedicato alle AIR JORDN XVII. MJ si era definitivamente ritirato dall’NBA, Mars Blackmon /Spike Lee cercano di convincere l’amico a non abbandonare il gioco, ma MJ conclude con un malinconico “Goodbye Mars”. Infine, per le Air Jordan XXIII venne prodotto lo spot “Maybe It’s My Fault”, caratterizzato da un intenso monologo di Jordan.
Degna di nota fu anche l’intuizione di utilizzare l’immagine della famosa schiacciata che consegnò a MJ la vittoria di uno degli Slam Dunk Contest più famosi di sempre (1988), per la creazione del logo “Jumpman”. L’atleta venne ritratto nel momento del salto storico e l’immagine evoca il potere di superare ogni personale limite. Nell’attuale stagione 2020-21, il logo “Jumpman” è presente su tutte le maglie “statement” dei club[7].
Nonostante la fine della carriera di MJ, il valore del brand – ormai connotato da una forte identità – ha continuato a crescere raggiungendo il “top of mind”, ovvero il massimo livello di notorietà, riconoscibilità, fedeltà e reputazione, frutto dell’insieme di azioni di marketing realizzate nel corso degli anni, che hanno determinato la conquista di un posizionamento strategico del marchio nella mente e nel cuore delle persone. Al punto tale che, come si è detto, le sneakers AIR JORDAN sono state elette come le più ricercate del 2020. Precisamente, Air Jordan 1 Retro High NC to Chi Leather, risulta il modello di sneakers più venduto dello scorso anno. Ciò a dire che la componente percettiva costruita attorno al marchio AIR JORDAN, ossia l’insieme di significati e associazioni che il brand evoca nel consumatore, è talmente solida da resistere nel tempo in modo ormai autonomo rispetto alle vicende del suo ambasciatore, MJ.
Il racconto del caso AIR JORDAN trasmette come il marchio, sfruttato per le sue potenzialità comunicative, possa diventare un elemento cardine della strategia competitiva d’impresa, un fattore di differenziazione dell’offerta da quella di qualsiasi altra azienda, un veicolo dei valori e degli elementi distintivi della missione aziendale. Il marchio, trasformato in “brand” può arrivare a possedere un valore “autonomo” che – secondo il metodo “Interbrand” – è dato dal prodotto tra il flusso dei redditi imputabili al marchio stesso ed un certo moltiplicatore che esprime la forza del marchio (forza determinata dal grado dei fattori di leadership; stabilità; caratteristiche del mercato; trend di evoluzione; supporti di marketing; internazionalità; protezione legale). Di conseguenza, l’obiettivo imprenditoriale dovrebbe svolgersi sul duplice binario di adeguatamente valorizzare e proteggere il proprio marchio, da un lato creando una “brand identity” forte e differenziante, dall’altro difendendo legalmente l’esclusività del proprio segno distintivo nel mercato.
Avv. Laura Tessari
[1] Il primo marchio “Air Jordan” fu depositato in U.S.A. il 7.05.1985
[2]https://forbes.it/2020/05/06/michael-jordan-quanto-ha-guadagnato-dalla-nike-retroscena-e-cifre-dell-affare
[3] I tre marchi in classifica che quest’anno rappresentano l’eccellenza del Made in Italy, Prada, Gucci e Ferrari, riscontrano un calo di valore, che ammonta rispettivamente al -1%, -2% e -6%. Sono invece i settori della tecnologia, media brand e logistica ad aver registrato importanti crescite di valore nel 2020.
[4] https://www.gqitalia.it/moda/article/sneakers-uomo-piu-amate-2020
[5] https://forbes.it/2019/08/28/michael-jordan-e-ancora-re-delle-scarpe-da-ginnastica
[6] BENTLY, SHERMAN, Intellectual Property Law, Oxford University Press, 2001
[7] https://tg24.sky.it/sport/2020/07/23/nba-logo-jordan-maglie-statement-edition#00