Il presente articolo si propone di approfondire la possibilità che gli utili di esercizio di una società di capitali, destinati a riserva cd. facoltativa in sede di approvazione di bilancio, vengano successivamente distribuiti tra i soci.
— Gli utili
Com’è noto, al momento dell’approvazione del bilancio, l’assemblea dei soci può destinare gli utili di esercizio a copertura di perdite pregresse, all’aumento del capitale sociale, attribuirli a determinate categorie di soggetti, rinviarli a futuri esercizi, distribuirli tra i soci o, infine, accantonarli a una o più riserve del patrimonio netto.
Occorre innanzitutto precisare che, nell’ipotesi in cui l’assemblea dei soci decida di deliberare la distribuzione degli utili, ciò potrà avvenire in via separata e autonoma (e, pertanto, anche successiva) rispetto all’approvazione del bilancio. Come si desume dal tenore letterale dell’art. 2433 c.c., infatti, la delibera di distribuzione degli utili non è inerente o conseguente rispetto a quella di approvazione del bilancio bensì autonoma o, al più, accessoria.
— Le riserve di utili
Ciò premesso, in sede di approvazione del bilancio, l’assemblea dei soci può altresì decidere di non distribuire gli utili ma accantonarli, destinandoli a impieghi futuri e rafforzando così la consistenza patrimoniale della società. Si parla, in tal caso, di riserve di utili, distinguibili in legali, statutarie e facoltative in base alla loro fonte.
La riserva legale viene formata obbligatoriamente prelevando annualmente il 5% degli utili di esercizio, fino al raggiungimento di un valore pari al quinto del capitale sociale (art. 2430 c.c.). Le riserve statutarie sono costituite in base a previsioni contenute nello statuto sociale, il quale può inoltre disciplinare le condizioni, i vincoli e le modalità della loro formazione e destinazione. Al di fuori dei casi precedenti, resta fermo il potere dell’assemblea (in sede di approvazione del bilancio o di distribuzione degli utili) di destinare tutti o una parte degli utili alla creazione di ulteriori riserve, dette facoltative.
— La distribuibilità e disponibilità delle riserve
Occorre ora chiedersi se, e con quali limiti, le riserve di utili possono essere distribuite. La risposta al quesito postula un preliminare approfondimento sui concetti di distribuibilità e disponibilità delle riserve, rispetto ai quali si riscontrano in dottrina due orientamenti.
- Secondo l’orientamento più risalente, la disponibilità della riserva deve desumersi dalla fonte della medesima, distinguendo a seconda che sia legale, statutaria o volontaria: le riserve legali o statutarie vengono considerate sempre indisponibili mentre le riserve facoltative sempre disponibili (cfr. M. Cera).
- L’orientamento oggi prevalente, invece, ritiene che la disponibilità della riserva sia strettamente connessa allo scopo per cui è costituita, che può essere imposto dalla legge, dallo statuto o dall’assemblea dei soci. Sarebbe dunque lo scopo attribuito alla riserva, non già la fonte, a renderla o meno distribuibile (cfr. G. A. M. Trimarchi e Studio n. 99-2011/I del Consiglio Nazionale del Notariato).
La definizione di una riserva di utili come distribuibile o meno presuppone quindi un’indagine sulle disposizioni legislative, sull’esistenza di eventuali clausole statutarie e sulla delibera assembleare di costituzione delle riserve facoltative. Ne discende che, mentre la riserva legale si considera per definizione non distribuibile – in quanto finalizzata a garantire l’integrità del capitale sociale, evitando che possa essere colpito direttamente da eventuali perdite – la distribuibilità delle riserve statutarie è vincolata alla specifica previsione dello statuto sociale che, qualora non contemplata, renderà necessaria una modifica statutaria in tal senso. Quanto alle riserve facoltative, in assenza di una specifica destinazione attribuita attraverso la delibera assembleare, si configurano come generiche, pertanto liberamente distribuibili; diversamente, ove l’assemblea dei soci le abbia destinate ad uno specifico scopo, occorrerà un’apposita delibera di variazione per svincolarle.
Giova precisare che “distribuibilità” e “disponibilità” sono nozioni da tenere distinte, ponendosi in rapporto di species a genus tra loro: la distribuibilità rappresenta solo uno dei possibili utilizzi della riserva disponibile, accanto all’aumento gratuito del capitale sociale, al rimborso della partecipazione in caso di recesso del socio, alla copertura delle perdite o alla destinazione a scopi specifici. Pertanto, mentre le riserve disponibili possono distinguersi in distribuibili o non distribuibili, le riserve indisponibili sono, in quanto tali, indistribuibili.
— Ulteriori limiti alla distribuzione delle riserve
Quand’anche, alla stregua dei citati orientamenti, le riserve di utili vengano considerate distribuibili, la legge prevede ulteriori vincoli alla relativa distribuibilità.
Tra questi, merita prima menzione l’art. 2433 c.c., secondo cui non è possibile procedere alla distribuzione delle riserve in caso di perdite di capitale sociale, salvo che la società non abbia provveduto a reintegrarlo o ridurlo nella misura corrispondente. Ove vi fossero perdite, infatti, le riserve dovranno essere prima destinate alla copertura delle stesse e, solo successivamente e per l’ammontare residuo, distribuite tra i soci.
A quanto sopra si aggiunge il disposto dell’art. 2426 co. 1 n. 5 c.c. secondo cui, se sono stati capitalizzati costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale per i quali non si è concluso il periodo di ammortamento, i dividendi potranno essere distribuiti solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.
Ancora, l’art. 2426 c.c. prevede che le plusvalenze realizzate a seguito dell’applicazione del metodo del patrimonio netto devono essere iscritte in una riserva non disponibile (art. 2426 co. 1 n. 4 c.c.). L’eventuale utile netto derivante da attività e passività monetarie iscritte al cambio dovrà essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al suo effettivo realizzo (art. 2426 co. 1 n. 8-bis c.c.).
Con particolare riferimento alle riserve di rivalutazione, l’art. 2423 c.c. dispone che gli utili eventualmente derivanti da una deroga dalle disposizioni di redazione del bilancio devono essere iscritti in una riserva che può essere distribuita solo in misura corrispondente all’importo del valore recuperato. Inoltre, l’art. 13 co. 2 Legge n. 342/2000 disciplina l’ipotesi in cui la riserva da rivalutazione sia stata utilizzata per la copertura di perdite, prevedendo che, in tal caso, non si può fare luogo a distribuzione di utili finché la riserva non viene reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria.
Il mancato rispetto da parte dell’assemblea dei vincoli imposti dalla legge determina la nullità della delibera per illiceità dell’oggetto e la responsabilità degli amministratori ex art. 2627 c.c.
— Gli adempimenti necessari alla distribuzione dei dividendi in un momento successivo rispetto all’approvazione del bilancio
Per quanto sin qui esposto si può affermare che, al di fuori dei casi e dei vincoli sopra citati, le riserve facoltative di utili sono liberamente distribuibili tra i soci e ciò anche – come per la distribuzione degli utili – in un momento successivo rispetto all’approvazione del bilancio e nel corso del medesimo esercizio.
È utile ribadire che, in tal caso, si potrà procedere alla distribuzione delle riserve solo se non vi sono perdite maturate nel corso dell’esercizio o, comunque, nei limiti dell’ammontare che residua dalla corrispondente reintegrazione o riduzione del capitale sociale. Per tale motivo (come previsto per gli acconti sui dividendi) si ritiene opportuno che la distribuzione dei dividendi, siano essi costituiti da utili o da riserve, sia preceduta dalla predisposizione di un prospetto contabile aggiornato da cui risulti la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società. Tale prospetto contabile non deve possedere l’analiticità di un bilancio vero e proprio ma deve comunque comprendere un conto economico ed una situazione patrimoniale (in tal senso, Casadio, Sub art. 2433-bis c.c., in Comm. Maffei Alberti, III, 1101 ss.; Fico, La redazione dei bilanci infrannuali nelle società non quotate, in Società, 2002, 1215. Ciò è altresì confermato dal principio contabile OIC 30, che specifica inoltre come il documento non debba essere necessariamente corredato dalla nota integrativa). Inoltre, laddove il prospetto si basi su una situazione contabile non recente (i.e. oltre 90 giorni dalla data della delibera di distribuzione), sarà altresì necessaria una relazione degli amministratori riportante eventuali fatti rilevanti avvenuti successivamente, incidenti sulle dinamiche della gestione, sulla continuità aziendale e sulle perdite medio tempore eventualmente prodotte (cfr. I. Costanzi, acconti dividendo, 2016).
La delibera di distribuzione dei dividendi dovrà poi essere registrata presso il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, previo versamento dell’imposta di registro (nella misura fissa di 200,00 euro).
Erika Bonollo