Avv. Alberta Lombardi
Recenti spunti dai Tribunali delle Imprese di Milano e Venezia in tema di funzione tecnica e di estensione dell’ambito protettivo in materia di design comunitari registrati
In materia di contraffazione di design registrati si segnalano due casi giudiziari che hanno visto vittoriosa un’azienda trevigiana specializzata nella produzione di attrezzi e articoli sportivi per biciclette, titolare di un design comunitario relativo ad un modello di cavalletto universale per biciclette.
La forma del cavalletto in questione ha costituito una novità nel settore, e consente di appoggiare stabilmente qualsiasi modello di bicicletta con ogni forma e spessore di ruota. In particolare, il cavalletto oggetto di privativa industriale si differenzia rispetto alle forme note, comunemente usate per tale tipologia di prodotto, perché presenta un insieme di elementi che, considerati nel loro complesso, dal punto di vista estetico, conferiscono al cavalletto un peculiare valore individuale.
Di seguito si riporta l’immagine del cavalletto in questione e di un cavalletto di tipologia tradizionale, per far comprendere le peculiarità del modello:
Nell’ambito di due diverse vicende processuali, tutt’altro che scontate, l’azienda trevigiana titolare della privativa industriale è riuscita ad ottenere la tutela del proprio design comunitario.
I) Nel primo procedimento citava in giudizio un’azienda concorrente lamentando la contraffazione del proprio design comunitario da parte del cavalletto portabiciclette avversario. Più precisamente, deduceva che le differenze tra i due modelli erano minime e non in grado di suscitare agli occhi dell’utilizzatore informato una impressione generale diversa. L’attrice inoltre chiedeva che fosse accertata in capo alla convenuta la condotta di concorrenza sleale per imitazione servile ex art. 2598 c.c. n. 1, in quanto i due prodotti dovevano ritenersi, di fatto, confondibili agli occhi del consumatore medio. Sulla base di queste premesse, l’attrice, con ricorso d’urgenza, adiva la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Milano, al fine di ottenere in via cautelare l’inibitoria alla produzione e commercializzazione del cavalletto concorrente nonché il ritiro degli esemplari dal mercato.
La convenuta si difendeva adducendo l’invalidità del modello dell’attrice sostenendo la mancanza dei requisiti della novità e del carattere individuale, e negando l’addebito dell’imitazione confusoria per la presenza, a sua detta, di un sufficiente numero di differenze tra i modelli in esame. Il Tribunale ambrosiano, con ordinanza del 26.08.2017, accoglieva le richieste dell’attrice, confermandole successivamente in sede di reclamo cautelare, proposto in seconda battuta dalla convenuta, con ordinanza del 11.01.2018.
Le ordinanze cautelari in commento offrono importanti spunti riflessivi in merito alla dibattuta questione, nell’ambito dei design registrati, ed anche di riflesso della concorrenza sleale confusoria, della tutelabilità delle forme aventi funzione tecnica, qual è sicuramente un cavalletto portabiciclette, oltretutto dotato di un particolare e perfezionato meccanismo di serraggio della ruota.
L’art. 2598 n. 1 c.c. vieta l’imitazione pedissequa di un prodotto di un concorrente a tutela delle forme esterne del prodotto, intese come le parti appariscenti (cioè visibili), solo in quanto idonee a creare confusione agli occhi del consumatore. Può ritenersi principio acquisito che non tutte le forme esterne sono tutelabili contro l’imitazione servile, ma solamente quelle distintive, idonee cioè a creare nella mente del consumatore un collegamento tra il bene e la sua fonte imprenditoriale di provenienza.
In merito alla tutelabilità delle forme funzionali, la Giurisprudenza appare divisa sul punto. Un primo orientamento (es. Corte d’Appello di Bologna, 9.5.1992 in Marchetti Ubertazzi) sostiene che il divieto di imitazione servile non opera solo nei confronti di quelle forme considerate strettamente indispensabili od inderogabili per il conseguimento di un determinato risultato tecnico, ed opera invece con riferimento alle forme tecniche c.d. “utili ma non necessitate”, cioè che non sono strettamente necessitate per il raggiungimento del risultato tecnico, esistendo allo stato dell’arte alternative che consentono di raggiungere il medesimo risultato. Un diverso orientamento (es. Tribunale di Milano, 7.2.1994 in Marchetti Ubertazzi) afferma invece che la tutela dell’art. 2598 n. 1 c.c. deve essere esclusa per tutte le forme utili, cioè per quelle forme che prevedono un’alternativa tecnica. Seguendo l’impostazione da ultimo citata, non sono tutelabili contro l’imitazione servile tutte le “forme funzionali”, e dunque non solo quelle necessitate, ma anche tutte le forme che in qualsiasi modo rispondono ad un’esigenza strutturale conseguente ad una scelta di natura tecnica.
In materia di disegni o modelli, correlativamente, l’art. 36 c.p.i. stabilisce che non possono costituire oggetto di registrazione come disegni o modelli le caratteristiche dell’aspetto del prodotto che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto stesso. La giurisprudenza discute se la norma vieti la registrazione come disegno o modello di tutte le forme che vengono adottate per mere esigenze tecniche o solo di quelle che siano necessarie ed inderogabili.
Nel caso di specie, nonostante la convenuta avesse eccepito il carattere esclusivamente tecnico dell’elemento pedalina, la cui funzione è quella di accompagnare la ruota senza costringere il ciclista ad alzare la bicicletta, il Tribunale ha riconosciuto la proteggibilità di tale elemento, aderendo all’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che preclude la protezione solo alle forme inderogabili. La tutela è stata accordata in considerazione del fatto che un modello funzionale può essere in ogni caso meritevole di tutela qualora possa dimostrarsi che la medesima funzione tecnica può essere assolta mediante una diversa forma del prodotto, in quanto in tali casi la monopolizzazione della forma utile da parte del titolare della privativa non preclude ai concorrenti di adottare altre forme, esteticamente diverse, che raggiungono per altra via lo stesso risultato tecnico. Attraverso copiosa produzione documentale, l’attrice ha dimostrato che fra le numerose declinazioni di portabiciclette di terzi operatori che realizzano la medesima funzione tecnica, proprio l’elemento della pedalina è riprodotto con diverse soluzioni, come dimostrano queste immagini esemplificative utilizzate in causa:
Il Tribunale ha quindi statuito che “ove siano possibili sufficienti varianti, la specifica forma è tutelabile e la funzione antimonopolistica è comunque garantita: un modello funzionale può invero in ogni caso essere meritevole di tutela qualora possa dimostrarsi che la medesima funzione è assolta mediante una forma diversa del prodotto”.
Per quanto riguarda il giudizio di contraffazione, il Tribunale ha stabilito che il modello della convenuta deve essere ritenuto interferente con quello oggetto della privativa industriale sulla base del principio di proporzionalità tra la distanza del design registrato rispetto allo stato dell’arte (che ne definisce la validità e l’estensione dell’ambito protettivo) e la distanza tra il design registrato ed il prodotto in potenziale contraffazione. E ciò in applicazione dell’art. 42 co. 4 c.p.i., secondo cui “Nel determinare l’estensione della protezione si tiene conto del margine di libertà dell’autore nella realizzazione del disegno modello”. Il principio in esame stabilisce che sussiste interferenza con il design registrato se la “distanza” che esiste tra le anteriorità ed il design registrato è maggiore alla distanza che intercorre tra il design registrato ed il prodotto in contraffazione. Viceversa, se la distanza tra lo stato dell’arte ed il design registrato è minore di quella intercorrente tra il design registrato ed il prodotto in asserita contraffazione, non sussisterà interferenza giuridicamente rilevante. Nel caso in esame, il particolare design del portabiciclette oggetto di privativa consente al prodotto dell’attrice di discostarsi notevolmente dalle forme preesistenti, conferendogli un carattere di “design forte”, cioè idoneo a colpire anche prodotti che, pur mantenendo gli stessi caratteri generali, presentino caratteristiche differenziali di non lieve portata. La ripresa da parte del cavalletto della concorrente di tutti quegli elementi idonei a rendere dissimile il disegno azionato dalle anteriorità ha portato il Tribunale ad accertare a carico della convenuta una ipotesi di condotta contraffattoria.
II) La natura di “design forte” del portabiciclette in questione, nonostante l’aspetto tutto sommato semplice, è stata riconosciuta anche nell’ambito di un secondo procedimento cautelare, promosso recentemente davanti al Tribunale delle Imprese di Venezia da un’altra società concorrente. Tale società, diffidata dalla titolare della privativa industriale a cessare la produzione di un portabiciclette ritenuto copiativo, in due varianti, aveva chiesto al tribunale lagunare di dichiarare, in via preventiva, la non interferenza tra i propri cavalletti portabiciclette (in due versioni) ed il cavalletto oggetto di design (c.d. accertamento negativo di contraffazione):
Come si può notare, la prima versione del cavalletto contestato si presenta più somigliante al cavalletto oggetto di design rispetto a quanto non lo sia la seconda versione, in cui il basamento è stato visibilmente piegato verso l’interno. Ciò rende il caso molto interessante in quanto ha consentito di mettere alla prova il metro di giudizio del Tribunale, spesso indicato di dichiarare la non-contraffazione in presenza di modifiche non così significative.
Ebbene, il Giudice designato del caso si è dimostrato molto sensibile alla tutela del design registrato, ed ha ritenuto che entrambe le versioni di portabiciclette contestate debbono ritenersi in contraffazione, in quanto gli aspetti differenziali presenti nei due cavalletti accusati di copiatura, anche se ben percepibili, non sono stati ritenuti comunque sufficienti a suscitare nell’osservatore una impressione generale diversa, né espressione di una reale autonomia estetica. Per tale via la titolare del modello registrato ha ottenuto, anche in questo secondo caso, tutela giudiziaria mediante un ordine di inibitoria d’urgenza garantito da penali economiche in caso di future violazioni.
Avv. Alberta Lombardi