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Il furto in un’attività commerciale o imprenditoriale è equiparabile al furto in una privata dimora?

Giu162017

Dott. Andrea Nardin

Negli ultimi tempi è cresciuto nel sentimento comune un senso di insicurezza dovuto alle sempre più pressanti notizie relative ad un aumento generalizzato della criminalità ed in particolar modo dei furti. Tale percezione, sebbene ampliata dai media, risulta suffragata dai dati statistici che indicano un aumento dei furti in Italia come risulta anche dalle ultime rilevazioni Istat.
I furti che creano un maggior allarme sociale sono certamente i furti in abitazione e quelli realizzati all’interno delle aziende.
Il legislatore, al fine di garantire una maggiore tutela agli ambienti propri della vita privata dei cittadini ha introdotto nel 2001 l’art. 624 bis c.p. il quale, sostituendo il previgente art. 625 n. 1 c.p. (oggi abrogato) che aggravava il furto quando commesso all’interno di un “luogo destinato ad abitazione”, andava ad aggravare le pene per tutti i furti commessi non solo all’interno di una abitazione bensì all’interno di un “luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora”.
Su questa fattispecie la giurisprudenza si è interrogata se tra i luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora potessero rientrare anche i locali aziendali (intesi nel senso più ampio del termine e comprendendo quindi anche i locali commerciali o professionali).
In quindici anni di giurisprudenza le posizioni assunte dai Giudici della Cassazione sono state le più diverse, le quali si possono però raggruppare nei seguenti principali orientamenti:

  • Un primo, prevalente orientamento, ritiene che per luogo di privata dimora possa intendersi ogni luogo che serva all’esplicazione di attività culturali, professionali e politiche ovvero nel quale le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, attività della vita. In tal senso si è ravvisato il reato di cui all’art. 624 bis per furti commesso all’interno di locali commerciali o professionali durante l’orario di apertura (Cass. Pen. 22725/2010, Cass. Pen. 10187/2011);
  • Un secondo orientamento ritiene fondamentale distinguere le fattispecie sulla base della pubblica accessibilità al luogo dove viene commesso il delitto. Questa corrente giurisprudenziale ritiene infatti incompatibile la nozione di pubblica accessibilità con quella di privata dimora. Sulla base di questa interpretazione si è esclusa la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 624 bis anche per il furto commesso in un negozio durante l’orario di apertura (Cass. Pen. 18200/2012) od anche delle offerte dalla cassetta delle elemosine all’interno di una chiesa (Cass. Pen. 23641/2016) o della merce esposta in vendita (Cass. Pen. 39134/2012).

Oltre a questa distinzione la giurisprudenza si è soffermata in particolare sul fatto che la condotta criminosa sia compiuta durante l’orario di chiusura o meno. Una prima corrente interpretativa ha ritenuto tale elemento irrilevante mentre un opposto orientamento richiede, per il perfezionarsi dell’aggravante anche durante l’orario di chiusura, la presenza di persone inerenti all’attività lavorativa (si veda ad esempio sul punto Cass. Pen. 18211/2015 relativa ad un furto in uno stabilimento industriale appunto durante l’orario di chiusura).

Data la varietà delle interpretazioni date al concetto di “privata dimora” la terza sezione della Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 652/2017 del 09 gennaio 2017 formulando il quesito “se rientra nella nozione di privata dimora, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis cod. pen., il luogo dove si esercita un’attività commerciale o imprenditoriale (nella specie, ristorante)”.

Le Sezioni Unite, a seguito della pubblica udienza del 23 marzo 2017, hanno emesso un’informazione provvisoria dando la seguente risposta al quesito posto: “Negativa, salvo che il fatto non sia avvenuto all’interno di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa. Rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’art. 624-bis cod. pen. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare”.

Da questa informativa provvisoria sembra quindi che i Giudici delle Sezioni Unite abbiano escluso la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 624 bis c.p. per il mero svolgersi dell’attività criminosa all’interno di un ambiente lavorativo. Il furto aggravato si configura solo allorquando l’azione venga compiuta in quei luoghi (anche lavorativi e quindi al di fuori della sfera ‘strettamente personale’ del soggetto) i quali non siano per loro natura destinati ad un uso pubblico e non siano liberamente accessibili senza il consenso del titolare. Ad esempio, si ritiene, si configurerà come ‘furto in abitazione’ il furto commesso all’interno di quei locali che, seppur limitrofi ad altri di libero accesso, rechino all’esterno la scritta ‘Privato’.

Con riferimento alle condotte criminose realizzate durante l’orario di chiusura si ritiene che le Sezioni Unite abbiano inteso ricomprendere tali azioni all’interno del 624 bis c.p. data la naturale non libera accessibilità dei luoghi durante tali orari.

Una volta pubblicate le motivazioni sarà interessante analizzare le basi giuridiche su cui gli ermellini hanno fondato la loro decisione che non mancherà certo di avere importanti risvolti pratici all’interno dei Tribunali e non solo.

Dott. Andrea Nardin

Categoria: Diritto Penale16 Giugno 2017

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