Dott.ssa Silvia Pozzato
Il diritto di prelazione agraria consiste nell’essere preferiti ad altri per l’acquisto di un fondo agricolo, a parità di prezzo, quando il proprietario decide di venderlo.
Tale diritto è regolato da poche leggi, peraltro sintetiche, che hanno lasciato grande spazio alla giurisprudenza per interpretarne la disciplina. La legge 26 maggio 1965 n. 590, all’art. 8, riconosce il diritto di prelazione e riscatto all’affittuario, al mezzadro, al colono o al compartecipante, purché coltivi il fondo oggetto di prelazione da almeno due anni; la legge 14 agosto del 1971 n. 817, prevede che tale diritto spetti anche al coltivatore diretto proprietario del fondo confinante con il fondo oggetto della vendita, purché non vi siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.
In origine dunque, entrambi i tipi di prelazione, dell’affittuario e del confinante, erano accumunate dalla medesima figura soggettiva: il coltivatore diretto. L’art. 31 della legge 590/65 definisce i coltivatori diretti come “coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame”.
Successivamente, le varie riforme, allargarono la platea dei soggetti che possono esercitare la prelazione: la legge 817 del 1971, oltre ad introdurre la prelazione del confinante, ha previsto, all’art. 16, che il diritto di prelazione spetti anche alle cooperative agricole, il decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 99, ha esteso tale diritto alle società agricole di persone in cui almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto, mentre la legge 28 luglio 2016 n. 154 lo ha esteso all’imprenditore agricolo professionale (IAP), ma solo nel caso in cui sia proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita e sempreché sia iscritto alla previdenza agricola.
Quest’ultimo requisito è richiesto solo per lo IAP, e non anche per il coltivatore diretto, la cui qualifica, al fine dell’esercizio della prelazione, consiste nel coltivare direttamente ed abitualmente i terreni. L’essere coltivatore diretto ai fini della prelazione è, quindi, una circostanza di fatto, e la relativa prova, in un giudizio, può essere fornita con ogni mezzo (Cass. Civile sez. III 27 settembre 2011 n. 19748). Non sono pertanto necessarie le iscrizioni al registro delle imprese o all’INPS, le quali, se presenti, nulla provano circa il possesso dei requisiti di coltivatore diretto, in quanto ciò che conta è l’effettivo esercizio dell’attività agricola con lavoro prevalentemente proprio o della propria famiglia, e non degli elementi meramente formali.
Dal punto di vista soggettivo, quindi, possono esercitare il diritto di prelazione, i coltivatori diretti, le società agricole di persone con almeno la metà dei soci coltivatori diretti e le cooperative agricole, che siano affittuari del fondo offerto in vendita o proprietari del fondo confinante, nonché l’imprenditore agricolo professionale iscritto alla previdenza agricola, quest’ultimo però solo nel caso in cui sia proprietario del fondo confinante con quello messo in vendita, e non anche nel caso in cui sia affittuario.
Affinché il diritto di prelazione possa essere esercitato, devono ricorrere ulteriori condizioni. L’affittuario deve coltivare il fondo oggetto della vendita da almeno due anni e la qualità di affittuario deve derivare da un titolo giuridico quale il contratto d’affitto, non essendo sufficienti un’occupazione di fatto del terreno, né un contratto di comodato (Cass. Civile sez. III 31 ottobre del 2008 n. 26286). Il coltivatore confinante deve anch’esso coltivare il terreno, confinante a quello oggetto di vendita, da almeno due anni, inoltre, il suo diritto di prelazione viene meno nel caso in cui nel terreno offerto in vendita siano insediati affittuari, mezzadri, coloni, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.
Sia nel caso dell’affittuario, sia nel caso del confinante, la legge richiede che non siano stati alienati, dal soggetto che intende esercitare la prelazione, “altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria” (art. 8 l. 590/65) nel biennio precedente.
Da ultimo, è necessario che il fondo per il quale il coltivatore diretto intende esercitare la prelazione, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorative della sua famiglia.
Preme sottolineare, infine, l’importanza della corretta conoscenza dei requisiti e presupposti richiesti dalla legge per l’esercizio del diritto di prelazione, in quanto “attesa la rilevante compressione dell’autonomia privata che comporta l’esercizio di tale diritto, l’accertamento dei requisiti richiesti dalla legge deve essere condotto con particolare rigore al fine di scongiurare intenti speculativi e di salvaguardare le finalità sociali dell’istituto” (Cass. civile, sez. III, 20/07/2011, n. 15899).
Dott.ssa Silvia Pozzato