Dott.ssa Diletta Pozzato
Se una nostra fotografia viene pubblicata su un giornale, una rivista o qualsiasi altro media a nostra totale insaputa, come possiamo difenderci? Quali sono le conseguenze giuridiche di uno “scatto rubato”?
Probabilmente i più vanitosi potrebbero compiacersi nel veder pubblicata una fotografia contenente il proprio ritratto, altri, al contrario, potrebbero non gradire e infastidirsi nel vedere la propria immagine comparire inaspettatamente a corredo di articoli di quotidiani o sui social.
Appare dunque lecito chiedersi se vi siano norme poste a tutela dell’immagine personale e quali siano i rimedi messi a disposizione dal legislatore per rendere effettiva tale tutela.
Recentemente il Tribunale di Verona è stato chiamato a pronunciarsi su un caso riguardante la pubblicazione su un quotidiano locale di un articolo che recensiva un ristorante della zona, corredato di una fotografia in cui compariva una coppia che si trovava a cena nel locale. Nel contesto della foto, i due signori risultavano ritratti in secondo piano ma i loro volti apparivano riconoscibili, tanto da essere venuti a conoscenza della pubblicazione per tramite di conoscenti che, imbattutisi nell’articolo in questione, si erano rivolti a loro scherzosamente ponendo domande sull’accaduto. I soggetti interessati non avevano prestato il proprio consenso né allo scatto della fotografia né alla sua successiva pubblicazione, avvenuta a fini chiaramente promo-pubblicitari dell’attività ristorativa. Appreso che la fotografia era stata indebitamente diffusa, essi si sono rivolti all’autorità giudiziaria per ottenere la cancellazione dell’immagine pubblicata dagli archivi della testata giornalistica e la condanna dell’editore al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli stessi.
Nell’ordinamento italiano, il diritto all’immagine, intesa come proiezione esteriore della personalità di ciascun individuo, rientra nel novero dei diritti personalissimi ed inalienabili costituzionalmente riconosciuti (art. 2 Cost.) e trova tutela anche nell’art. 10 del Codice civile, nell’art. 96 della Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941), nella normativa in materia di privacy e trattamento dei dati personali (artt. 4 e 6 del Reg. UE 2016/679), costituendo il ritratto un “dato personale”, nonché nell’art. 8 del Codice deontologico dei giornalisti, che effettua un contemperamento tra legittimo esercizio del diritto di informazione e cronaca e legittima pubblicazione di un’immagine altrui.
Le norme rassegnate impongono un generale divieto di divulgare un’immagine altrui senza aver ottenuto il consenso del soggetto interessato, fatte salve alcune eccezioni in cui sia ravvisabile uno specifico interesse pubblico alla conoscenza della persona ritratta. Un tale interesse si ritiene sussistere allorquando la pubblicazione dell’immagine sia giustificata dalla notorietà della persona o dall’ufficio pubblico rivestito, da necessità di giustizia, scientifiche, didattiche o culturali, o qualora la pubblicazione sia collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico, purché l’esposizione non rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona. Accanto al presupposto dell’interesse pubblico, si richiede altresì che l’immagine altrui pubblicata senza l’obbligo del consenso risulti “essenziale” ai fini della integrità e correttezza dell’informazione (art. 97 L. 633/1941), ad esempio quando l’immagine è pubblicata a corredo di un articolo di interesse pubblico e la stessa risulta indispensabile per dare completezza alla notizia.
Poiché ogni singolo soggetto ha un diritto esclusivo sulla propria immagine ed è il solo a poterla sfruttare commercialmente, in caso di pubblicazione non autorizzata di un’immagine altrui a fini pubblicitari o commerciali, e perciò fuori dai casi espressamente consentiti dalla legge, si configura un illecito di natura civile ai sensi dell’art. 2043 del Codice civile.
Dunque, il soggetto interessato, anche nel caso in cui veda la propria immagine pubblicata sui social per fini pubblicitari (ad esempio perché immortalato, per caso, con un occhiale di un certo marchio e pubblicato nella pagina di un negozio che commercializza quel prodotto) potrà chiedere all’autorità giudiziaria di disporre la cessazione dell’abusivo utilizzo del proprio ritratto nonché il risarcimento di ogni pregiudizio patito.
Tornando alla questione sottoposta al Tribunale veronese, è stata dichiarata illegittima la pubblicazione dell’immagine ritraente i due signori perché la pubblicazione non era stata espressamente autorizzata dagli stessi. Nel caso di specie, non ricorrevano le esimenti previste dall’art. 97 L. 633/1947, poiché non si trattava di persone note, né di persone ricoprenti pubblici uffici, né sussistevano ragioni legate ad esigenze di giustizia o scientifiche, né a scopi didattici o culturali, né vi erano ragioni collegate a fatti, avvenimenti o cerimonie di pubblico interesse o svoltisi in pubblico. Con un esplicito richiamo alla giurisprudenza di legittimità (Corte Cass. n. 1748/2016), il giudicante ha ribadito che è esclusa “in ragione del combinato disposto degli artt. 10 c.c., 96 e 97 L. 633/1941, la liceità della divulgazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato solo se ed in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, non anche quando sia rivolta a fini pubblicitari, com’è nel caso in esame, che esula dal mero diritto di cronaca, e si colloca, invece, in un’iniziativa caratterizzata prevalentemente da funzione di promozione commerciale”. Inoltre, il giudice ha riscontrato la violazione del diritto alla privacy, in particolare in relazione al trattamento dei dati personali “considerato che la cena, pur consumata in un pubblico esercizio, è da intendersi quale espressione di un momento della vita privata dei ricorrenti, che, in quanto tale, per essere divulgato, necessitava del loro previo consenso”.
Il Tribunale di Verona ha dunque proibito all’editore ogni forma di utilizzo dell’immagine contestata, ha ordinato la rimozione della stessa dagli archivi e dalle pagine web della testata e ha liquidato equitativamente una somma a titolo di danno non patrimoniale e patrimoniale a favore dei due signori ritratti nella fotografia divulgata.
In particolare, quanto al ristoro del danno patrimoniale, in assenza di specifiche voci di danno (ad esempio, se l’attività lavorativo-professionale risulta compromessa a causa del carattere denigratorio o diffamatorio dell’immagine pubblicata), lo stesso va liquidato equitativamente in una somma pari al compenso che il soggetto avrebbe presumibilmente tratto dalla cessione volontaria della propria immagine (c.d. “prezzo del consenso”). Il danno non patrimoniale invece scaturisce dalla lesione del diritto alla riservatezza, concretizzatasi in uno stato di turbamento e di profonda irritazione provata dai due signori, quali persone dal carattere particolarmente riservato, a seguito della pubblicazione non autorizzata dei loro volti, colti in un momento della loro vita privata.
In conclusione, è da ritenersi vietata e passibile di risarcimento l’utilizzazione dell’immagine di una persona, famosa o meno, non per finalità di informazione ma per meri fini pubblicitari o di sfruttamento commerciale, in mancanza di un suo specifico consenso; e ciò, quand’anche il ritratto della persona interessata sia soltanto parte di una raffigurazione più ampia o sia inquadrata nella cornice di un contesto “pubblico”.
Dott.ssa Diletta Pozzato