AFPC- Fontana – Silvestri
Asimmetria normativa in tema di controllo datoriale sugli smart workers nel Decreto Rilancio.
Il presente contributo evidenzia il consapevole corto circuito normativo in tema di controllo datoriale sugli smart workers, derivante dall’adozione del lavoro agile di cui all’art. 90 commi 1 e 4, D.L. 34/2020 (“Decreto Rilancio”), convertito dalla L. 77/2020.
In estrema sintesi, a tutti i soggetti beneficiari della predetta disposizione in via diretta (comma 1) oppure per elezione datoriale (comma 4) è attribuito il diritto (potestativo) a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
Come noto, la disciplina generale del lavoro agile (smart working) prevede una modalità di esecuzione del rapporto caratterizzata per l’assenza di precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (art. 18 L. 81/2017) ed il relativo accordo (a termine o senza previsione di durata) deve rivestire forma scritta ai fini amministrativi e della prova (art. 19); inoltre in tale contesto negoziale si può disciplinare (art. 21) l’esercizio del potere di controllo datoriale sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’art. 4 L. 300/1970 e s.m.i. (“Statuto dei Lavoratori”)
Da queste semplici premesse può agilmente desumersi che, finché dura il periodo emergenziale legittimante il ricorso all’art. 90 del Decreto Rilancio, il prestatore di lavoro avrà possibilità di accedere allo smart working senza necessità di un previo accordo individuale, traendo tale modalità esecutiva la propria legittimazione in forza dell’attribuzione di uno specifico diritto potestativo ai lavoratori (comma 1), in relazione al quale il soggetto datoriale soggiace, residuando a protezione di quest’ultimo un modesto sindacato di compatibilità del lavoro agile con la qualifica oggettiva (ossia con le caratteristiche della prestazione concretamente richiesta).
È altresì chiaro che, permanendo la doverosa applicazione anche al lavoro agile di quanto disposto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori ed in assenza di un preventivo accordo scritto che disciplini (in particolare) le modalità di esercizio del potere datoriale di controllo, la consapevole asimmetria normativa priva di fatto il datore dall’utile esperimento non solo dei poteri di controllo, ma altresì di quelli disciplinari, potendo il lavoratore, salvo casi macroscopici (e quasi di scuola), opporre in pressoché ogni occasione la circostanza che il lavoro agile viene da lui prestato senza precisi vincoli di orario e che, in altre parole, un certo momento temporale non rientra necessariamente in quello da lui riservato alla prestazione di lavoro.
Per essere pratici, si legittima il lavoratore ad eseguire prestazioni ad intermittenza casuale / discrezionale, senza che il datore possa operare un vaglio apprezzabile della efficienza, serietà e continuità dell’attività resa, salvo che nelle ipotesi in cui, per specifica disposizione datoriale, sia ordinato al prestatore di eseguire senza soluzione di continuità temporale un determinato compito che, per sua natura o per documentabili esigenze tecniche, organizzative e produttive (pena la violazione degli artt. 1344 e 1375 c.c.) non possa essere svolto in via frazionata durante la giornata.
Avv. Francesco Fontana e Valentina Silvestri