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Le SRL diventano piccole SPA

Mag302019

Avv. Sonia Lancerin

Le PMI, ovvero le imprese con: (i) numero medio di dipendenti inferiore a 250, (ii) totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro, (iii) fatturato annuo netto inferiore a 50 milioni di euro, rappresentano il 90% del tessuto economico italiano e sono costituite in forma di società a responsabilità limitata; il D.L. n. 50/2017 (convertito in L. n. 96/2017) e il D. Lgs. 129/2017 pertanto riguardano la quasi totalità delle SRL nazionali, i quali apportando notevoli deroghe alla disciplina societaria concedono importanti prerogative precedentemente riservate alle SPA (originariamente estese, con D.L. n. 179/2012, alle sole start-up innovative), nell’ambito della governance, del finanziamento nonché della circolazione delle quote sociali.

Con l’art. 26 del D.L. n. 179/2012 il legislatore ha stabilito che l’atto costitutivo della start-up innovativa costituita in forma di società a responsabilità limitata può creare categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti  imposti dalla legge (in particolare dall’art. 2265 c.c.), può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codice civile. Si tratta di una norma redatta sulla falsariga dell’art. 2348 c.c. che, in materia di s.p.a., disciplina la possibilità di creare diverse categorie di azioni.

Con l’art. 57 comma 1 del D.L. n. 50/2017 tale possibilità è stata estesa anche alle PMI prive dei requisiti di innovatività; pertanto al pari di ciò che accade per le società a responsabilità limitata, le SRL-PMI potranno suddividere le proprie partecipazioni sociali in categorie di quote prive del diritto di voto o con voto non proporzionale ai conferimenti effettuati per conseguirle o diritti particolari con voto non proporzionale alla partecipazione o condizionato riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

La percentuale di capitale sociale rappresentata da tali categorie di quote, così come il numero dei voti esprimibili da ciascuna quota e la misura della maggiorazione del voto ad esse spettante, sono liberamente determinabili dallo statuto, non trovando applicazione i limiti imposti alle s.p.a. dall’art. 2351, commi 2 e 4, c.c. e dall’art. 127-quinquies TUF, come ritenuto dalla massima 174 del Consiglio Notarile di Milano; orientamento che trova conferma nella massima 138 con la quale il medesimo consiglio ha escluso l’estensione alle s.r.l. del limite del 50% del capitale previsto per le s.p.a., in quanto tale limite, sicuramente inderogabile per le società per azioni, ha carattere eccezionale. Si tratta, infatti, di un limite all’autonomia statuaria e al principio della libera determinabilità dei diritti diversi delle categorie di azioni e, pertanto, non estendibile in via analogica.

In espressa deroga al principio di proporzionalità di cui all’art. 2479 comma 5 c.c., è quindi legittimo modulare l’espressione del diritto di voto di spettanza delle quote e diversificarlo in ragione dell’appartenenza ad una categoria nella maniera più varia; quindi quote che non attribuiscono diritti di voto oppure che attribuiscono un diritto di voto con incidenza maggiore o minore – ai fini del calcolo dei quorum – rispetto al peso proporzionale della partecipazione. Viene così superato il tradizionale precetto “un’azione, un voto” (ex art. 2351 c.c. in tema di SPA) con l’evidente conseguenza di poter esercitare il controllo di diritto con una partecipazione assai esigua (si pensi alla combinazione di quote con voto maggiorato e quote senza voto).

Per quanto riguarda le categorie di quote a voto limitato si evidenzia che il legislatore, riproducendo letteralmente l’analoga disposizione contenuta nell’art. 2351, comma 2, c.c. in materia di SPA, ha omesso di riportare il limite quantitativo del 50% previsto dall’ultimo periodo di detto, comma portando così a ritenere che possano tali categorie di quote sfuggano al predetto limite costitutivo.

La possibilità di creare quote speciali comporta la possibilità di creare dei diritti particolari completamente svincolati dalla singola persona del socio e quindi di creare una spersonalizzazione della quota, con una disciplina aggiuntiva e, in certa misura, complementare rispetto a quella consentita dall’art. 2468 comma 3 c.c. che, a propria volta, ammette la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

La creazione di quote speciali comporta pertanto che i particolari diritti vengono collegati alla partecipazione, quale sua speciale caratteristica e, in caso di cessione della quota, vengono trasferiti unitamente alla stessa.

La configurabilità dei particolari diritti così delineati comporta, di per sé, il superamento del principio di rigida correlazione tra rischio di perdere il valore della propria partecipazione e potere di incidere sulle scelte dell’impresa.

L’ulteriore novità per le SRL-PMI è costituita dalla possibilità di offrire al pubblico le proprie partecipazioni sociali (in deroga alla disciplina generale dell’art. 2468 comma 1 c.c.), favorendo così il reperimento di risorse finanziarie tramite il crownfounding ovvero il processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere sforzi di persone, organizzazioni e imprese. L’obiettivo è pertanto quello di rinforzare la struttura delle PMI, dando la possibilità di raccogliere capitali e di accogliere il numero maggiore di investitori.

Infine, in merito al divieto generalmente previsto dall’art. 2474 c.c. per le società a responsabilità limitata di acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, l’art. 57 del D.L. n. 50/2017, riconosce alle SRL-PMI la possibilità di effettuare operazioni sulle proprie partecipazioni, purché tale operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazioni che prevedano la assegnazione di quote a dipendenti, collaboratori, amministratori o prestatori d’opera e servizi anche professionali.

In conclusione, le società a responsabilità limitata smettono di essere società chiuse con spiccata personalizzazione, per dirigersi verso un modello alternativo di società aperta con possibilità di reperire capitali sul mercato.

Avv. Sonia Lancerin

Categoria: Diritto d'Impresa30 Maggio 2019

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