Avv. Elena Gallato
La legge di stabilità e il procedimento per equa riparazione in materia civile (c.d. Legge Pinto).
La legge di Stabilità 2016, con decorrenza 1.01.2016, ha riformato il procedimento per l’equa riparazione ex legge Pinto n. 89 del 24.03.2001, innovandone profondamente l’impianto. Costituisce la manovra di finanza pubblica per il triennio di riferimento e rappresenta lo strumento principale di attuazione degli obiettivi programmatici definiti con la Decisione di finanza pubblica.
Il valore della manovra ammonta a complessivi 35,4 miliardi di euro con un disavanzo per i conti pubblici che nel 2016 salirà al 2,4% sul PIL. Il provvedimento è composto ad un solo articolo e 999 commi.
In particolare, essa ha introdotto:
– i cosiddetti rimedi all’irragionevole durata del processo (cfr. artt. 1-bis, 1-ter e 2, comma 1);
– le cause di esclusione dal diritto di indennizzo di cui all’art. 2, comma 2-quinquies;
– le modalità di pagamento di cui all’art. 5 sexies.
Ha, inoltre, modificato la competenza per territorio del giudice adito (cfr. art. 3) e la misura dell’indennizzo del danno non patrimoniale (cfr. art. 2 bis).
Sui rimedi preventivi.
La nuova legge Pinto prescrive a pena d’inammissibilità che l’istante abbia esperito, nel corso del processo civile presupposto, uno dei rimedi di cui all’art. 1 ter e ciò almeno sei mesi prima di maturare il diritto all’indennizzo ovvero prima del superamento del termine massimo di durata del processo.
Tali rimedi, che sono alternativi e non cumulativi, consistono: nell’introduzione il giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione; nella richiesta del passaggio dal rito ordinario a quello sommario; nella richiesta della decisione a norma dell’art. 281 sexies c.p.c. a seguito di trattazione orale, anche allorché il giudizio sia di competenza del collegio o in fase d’appello([1]).
La norma transitoria precisa che tale condizione di ammissibilità non si applica ai processi la cui durata, alla data del 31.10.2016, ecceda già i termini ragionevole durata né a quelli che risultino già in decisione alla medesima data([2]).
Inoltre, i rimedi preventivi sono comunque inapplicabili ai processi c.d. di vecchio rito e cioè a quelli iniziati prima dell’entrata in vigore della legge n. 353/90([3]), ai processi soggetti al rito del lavoro([4]) e al processo esecutivo.
Sulle cause di esclusione dell’indennizzo.
Il diritto all’indennizzo è escluso a favore dell’istante che abbia agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese e ciò anche fuori dai casi di cui all’articolo 96 c.p.c.; nel caso di cui all’art. 91, comma 2, c.p.c.; nel caso di cui all’art. 13, comma 1, d.lsg n. 28/2010 e in ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali, che abbia ingiustificamente protratto i termini del processo.
È altresì escluso, salva prova contraria, in caso di contumacia; in caso di estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti ai sensi degli artt. 306 e 307 c.p.c. e in caso di irrisorietà della pretesa e del valore della causa o in quelli in cui la parte consegua, per effetto dell’irragionevole durata, vantaggi eguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo altrimenti dovuto([5]).
Sulla competenza territoriale.
[1] Cfr. art. 1 ter, comma 1
[2] Cfr. art. 6, comma 2-bis
[3] I processi vecchio rito, infatti, non prevedevano né la distinzione tra rito ordinario e rito sommario né la trattazione orale ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c.
[4] I processi secondo il rito del lavoro non solo opera la distinzione tra ordinario e sommario, ma ogni udienza è di discussione orale. Quindi, l’art. 281-sexies c.p.c. trova applicarsi per il solo profilo della motivazione contestuale ed è, di per sé, privo di effetto acceleratorio (Cass. 13708/07).
[5] Cfr. art. 2, commi 2-quinquies, 2- sexies lettere b) e c), 2 septies
La nuova legge Pinto è intervenuta sulla competenza territoriale del giudicante che, a decorrere dal 1.01.2016, spetta al Presidente della Corte d’Appello nel cui distretto ha sede il giudice del processo presupposto([1]).
Sulla misura dell’indennizzo.
La misura dell’indennizzo liquidabile è stata ridotta ad un importo compreso tra un minimo di 400€ e un massimo di 800€ per ciascun anno o frazione d’anno superiore a sei mesi, con gli eventuali incrementi e le contrazioni di cui all’art. 2 bis, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quarter.
Sulle modalità di pagamento.
Il cittadino, per ricevere il pagamento delle somme liquidate a titolo di equa riparazione, dovrà trasmettere all’amministrazione debitrice una autocertificazione attestante l’ammontare dell’indennizzo, le modalità di pagamento, la mancata riscossione dell’indennizzo e il mancato avvio di un’azione esecutiva e ciò unitamente ad altra documentazione che verrà resa nota con decreto ministeriale entro il 31.10.2016.
In attesa del modello ex art. 5 sexies, comma 3, le Corti d’Appello mettono a disposizione un modello uniforme scaricabile dal loro sito e da quello del Ministero di Giustizia.
Tale dichiarazione ha validità di sei mesi e dovrà essere rinnovata a semplice richiesta della pubblica amministrazione.
La sua mancata, incompleta o irregolare trasmissione preclude l’emissione da parte della Corte d’Appello competente dell’ordine di pagamento a favore del beneficiario.
In pendenza del termine semestrale (o di quello successivo in caso di richiesta di rinnovo), non è possibile agire esecutivamente nei confronti della pubblica amministrazione né notificare l’atto di precetto, che sarebbe altrimenti affetto da nullità([2]).
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La riforma lascia particolarmente perplessi soprattutto in ordine ai c.d. rimedi preventivi e riguardo alle cause di esclusione dell’indennizzo.
Quanto ai rimedi, stupisce che il legislatore abbia affidato la loro previsione alla legge di stabilità e non già ad una disciplina sistematica di settore. Infatti, trattasi di strumenti che, per quanto noti alla Giurisprudenza della CEDU, avrebbero meritato maggior riflessione, vista la loro incidenza pratica nelle scelte processuali dei procuratori sul rito introduttivo, sull’istruzione probatoria e la trattazione della causa.
Relativamente all’indennizzo, attribuendo alla Corte la facoltà di escludere l’indennizzo a favore della parte che abbia agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese anche fuori dai casi di cui all’articolo 96 c.p.c., si è riconosciuto alle Corti un’ampia discrezionalità di giudizio capace potenzialmente di gravare il ricorrente di una probatio diabolica in sede di opposizione al decreto di rigetto dell’istanza di indennizzo.
Parimenti discutibile pare l’esclusione dell’equa riparazione per l’irrisorietà della pretesa o del valore della causa valutata in relazione alle condizioni personali della parte. Invero, una simile disposizione rischia di giustificare un’inaccettabile lentezza per le cause di modico valore.
Avv. Elena Gallato
[1] Cfr. art. 3
[2] Cfr. art. 5-sexies