Avv. Lisa Benatello
La legge n. 24 dell’ 8 marzo 2017 (c.d. Legge Gelli) ha apportato una vera e propria rivoluzione in materia di responsabilità civile e penale del medico e della struttura sanitaria. L’obiettivo principale della riforma è quello di ridurre il contenzioso in materia di c.d. malpractice medica, nonché di garantire ai pazienti vittime di casi di malasanità risarcimenti più sicuri ed in tempi più brevi.
In particolare, la riforma affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata, delle modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, nonché degli obblighi di assicurazione e dell’istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità medica.
Essa anzitutto chiarisce, all’articolo 1, che la sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute, la quale assume così un vero e proprio valore costituzionale alla luce dell’art. 32 Cost.
La riforma, inoltre, introduce la figura del Garante del diritto alla salute (articolo 2), funzione che potrà essere affidata dalle Regioni all’Ufficio del Difensore civico. Esso potrà essere adito gratuitamente dai destinatari di prestazioni sanitarie per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni nel sistema dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria, ed agirà ove necessario a tutela dell’interessato.
In ogni caso, la novità più evidente ed importante della legge Gelli è quella relativa alla responsabilità penale del medico: quest’ultimo non sarà più punito per imperizia qualora abbia rispettato le linee-guida o si sia attenuto alle buone pratiche.
La novella legislativa, infatti, ha abrogato l’art. 3 della legge Balduzzi ed ha inserito nel codice penale il nuovo art. 590-sexies, in base al quale il sanitario che si è comportato in modo conforme alle linee guida non è più sottoposto a sanzioni penali per colpa lieve, ma viene punito solo in caso di colpa grave.
La disposizione citata, infatti, così statuisce: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico – assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Sul punto, all’art. 5, la legge Gelli prevede poi che un Decreto del Ministero della Salute dovrà fornire un’elencazione completa delle buone pratiche e linee guida, e che tale elenco dovrà essere inserito nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG).
Viene poi precisato anche che la non punibilità penale come ora delineata riguarda solamente i reati di omicidio colposo e lesioni colpose.
Per ciò che concerne, invece, la responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria, la novella legislativa, all’art. 7, ha introdotto quello che è stato definito un “doppio binario” della responsabilità civile. Mentre, infatti, la responsabilità della struttura sanitaria, pubblica o privata, ha natura contrattuale (art. 1218 c.c.), quella del medico, salvo il caso di obbligazione contrattuale assunta con il paziente, è di natura extracontrattuale (art. 2043 c.c.).
Ne deriva pertanto che, mentre l’azione per responsabilità contrattuale si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, quella per responsabilità extracontrattuale è sottoposta al più breve termine di prescrizione di cinque anni.
Altra rilevante conseguenza che trae origine da questa nuova bipartizione della responsabilità riguarda l’onere probatorio. Mentre, infatti, nelle cause avverso la struttura sanitaria il paziente dovrà provare solamente l’assunzione dell’obbligazione da parte dell’ospedale ed il relativo inadempimento; nelle azioni giudiziarie contro il singolo medico l’onere probatorio che incombe sul danneggiato risulta ben più grave, dovendo egli dimostrare non solo l’elemento oggettivo (condotta, evento e nesso di causalità), ma anche l’atteggiamento colposo del medico.
La Legge introduce, inoltre, delle novità anche sui contenziosi: viene infatti previsto l’obbligo di procedere ad un tentativo di conciliazione a cui devono partecipare entrambe le parti supportate dalle rispettive compagnie di assicurazioni. L’art. 8 comma 1, infatti, prevede che: “chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. dinanzi al giudice competente”.
La domanda giudiziale è procedibile solo se la conciliazione non riesce o se il relativo procedimento non si conclude entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso.
Infine, la riforma introduce precisi obblighi assicurativi in capo alle strutture sanitarie ed agli esercenti la professione sanitaria. Ciò, a ben vedere, allo scopo di rendere effettiva l’eventuale condanna di tali soggetti al risarcimento dei danni cagionati ai pazienti.
In particolare, è previsto anzitutto l’obbligo di assicurazione per la responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.) verso terzi e verso i prestatori d’opera, a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, anche per i danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture medesime.
In secondo luogo, si stabilisce l’obbligo, per le strutture in esame, di stipulare una ulteriore polizza assicurativa per la copertura della responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie, per l’ipotesi in cui il danneggiato esperisca azione direttamente nei confronti del professionista.
Infine, è fatto obbligo di assicurazione a carico del professionista sanitario che svolga l’attività al di fuori di una delle predette strutture o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale, ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente, per i rischi derivanti dall’esercizio della medesima attività.
La garanzia assicurativa deve poi prevedere una operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto di assicurazione, purché denunciati all’impresa assicurativa durante la vigenza temporale della polizza.
In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura. Questa ultrattività viene estesa anche agli eredi e non può essere assoggettata alla clausola di disdetta.
Avv. Lisa Benatello