AFPC – Peron – Marini
Lesioni stradali gravi: il GUP di Padova pone un freno alla contestazione automatica del reato in caso di prognosi superiore ai 40 giorni.
Sottoponiamo alla Vostra attenzione una recente sentenza del GUP del Tribunale di Padova (n. 259/2020 del 10.07.2020) di particolare interesse nella materia dell’infortunistica stradale, tanto più che riguarda il reato di Lesioni stradali gravi o gravissime ex art. 590 bis c.p. che ha una vastissima portata applicativa.
La norma in questione, inopinatamente introdotta “a furor di popolo”, assieme al reato di omicidio stradale, dalla legge n. 41/2016, prevede la reclusione da tre mesi ad un anno per le lesioni gravi (superiori a 40 giorni) e da uno a tre anni per le lesioni gravissime cagionate colposamente con violazione delle norme sulla circolazione stradale. È previsto, poi (commi da 2 a 6), un ampio ventaglio di aggravanti, le quali possono portare la pena, addirittura, sino a 7 anni per le lesioni gravissime.
Quanto alla patente di guida, l’art. 222 del Codice della Strada prevedeva che in caso di condanna o di patteggiamento conseguisse automaticamente la revoca. Sul punto è intervenuta, però, la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 88 del 17.04.2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale previsione nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice – sempre che il soggetto non fosse gravemente alterato da alcol o stupefacenti – di decidere se sospendere la patente di guida (fino a 2 anni in caso di lesioni stradali gravi o gravissime) o disporre la revoca. La Corte, quindi, non ha abrogato – come si auspicava – la sanzione accessoria della revoca della patente nel reato ex art. 590 bis c.p., limitandosi a togliere l’automatismo tra la condanna e la revoca stessa.
La procedibilità d’ufficio e le sanzioni severe previste, unitamente alla circostanza per cui la prognosi di 40 giorni può essere raggiunta anche a seguito di un banale “colpo di frusta” e quella per cui la giurisprudenza non richiede che i certificati medici (rilasciabili anche da strutture private) debbano essere accompagnati dall’effettiva assenza lavorativa, portano spesso a conseguenze pratiche che vanno ben oltre all’intendimento del legislatore e, talvolta, ad effetti addirittura “aberranti”. È, infatti, facilmente intuibile come anche un banale tamponamento senza particolari danni ai veicoli, possa cagionare una lesione di questa portata.
Il caso affrontato dal nostro Studio e deciso dalla sentenza in questione è emblematico: il nostro Cliente, frenava in ritardo, andando a tamponare l’autovettura che lo precedeva, senza però cagionare ingenti danni ai veicoli e alle persone. Infatti, la persona offesa, recatasi al Pronto Soccorso, veniva dimessa con prognosi di appena 3 giorni per (non gravi) contusioni senza alcuna frattura. I giorni e le settimane successive la stessa si sottoponeva a ulteriori controlli presso centri ambulatoriali privati ove venivano rilasciate certificazioni mediche per distorsione al rachide cervicale con una prognosi complessivamente ben superiore ai 40 giorni.
Il nostro assistito veniva quindi imputato del reato di lesioni stradali gravi e, nell’ambito del processo, il PM sollecitava la condanna ad una pena di mesi 8 di reclusione (ridotta per la scelta del rito abbreviato a mesi 5 e giorni 10).
La difesa evidenziava, anzitutto, che l’art. 590 bis rimanda al concetto di lesioni gravi il quale viene definito dall’art 583 c.p. quale malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni e che sul punto la giurisprudenza (ad esempio, Cass. Pen. Sez. IV Sent., 19.03.2008, n. 17505) ha chiarito come il concetto di malattia giuridicamente rilevante comprenda solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale. Da quanto sopra deriva, inequivocabilmente, che la malattia possa dirsi conclusa nel momento in cui la persona offesa sia in grado di svolgere attività per essa consuete, come ad esempio lavarsi, vestirsi, radersi, guidare l’auto, attendere a gran parte dei lavori domestici etc.. In altre parole, si sottolineava che il concetto di lesione grave (o gravissima) non è necessariamente vincolato alla certificazione medica ma, al contrario, va di volta in volta valutata ed accertata l’effettiva durata dell’incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni.
In secondo luogo, la difesa dimostrava – avvalendosi anche della consulenza di un medico legale che, nel caso concreto, nonostante la certificazione medica, la malattia aveva comportato un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni inferiore ai 40 giorni. Venivano, infine, evidenziate le criticità della duplice e contrastante valutazione dei sanitari intervenuti (SSN e poliambulatorio privato) e sulla base di quanto sopra indicato veniva richiesta sentenza di assoluzione; in via subordinata, previa la derubricazione del reato di lesioni stradali gravi nel reato (perseguibile a querela) di lesioni colpose, si richiedeva sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità (la querela).
Il GUP del Tribunale di Padova, in accoglimento delle richieste della difesa, pronunciava sentenza di assoluzione nel merito (“perché il fatto non sussiste”), ritenendo altresì insufficienti gli elementi a riprova del nesso di causa.
In sostanza, il Tribunale di Padova in questa sentenza ha “scardinato” il dato documentale della certificazione medica – che dava atto di una malattia superiore ai 40 giorni – e altresì la diffusa, ma scorretta, interpretazione data dai giudici agli artt. 583 e 590 bis c.p. in base alla quale il reato scatterebbe sempre ed automaticamente in caso di certificazione medica con prognosi superiore ai 40 giorni.
Ci auguriamo che tale pronuncia e tale (corretto) ragionamento del Giudice siano destinati a trovare un’ampia applicazione pratica nel Foro, andando così – in attesa di un’auspicata riforma legislativa- a circoscrivere gli effetti “sovrabbondanti” (e spesso “aberranti”) che l’applicazione della norma nei Tribunali continua quotidianamente a produrre.
Avv.ti Stefano Peron e Ilaria Marini