AFPC – Bonollo
Lettere di contestazione e licenziamento disciplinare: delimitazione dell’ambito di operatività della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. e approfondimento sulla sussistenza di un onere a carico del lavoratore di indicare un recapito provvisorio per il periodo di godimento delle ferie.
Il presente articolo si pone come obiettivo quello di delimitare ed approfondire l’ambito di operatività della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. con riferimento a lettere di contestazione e licenziamento disciplinare, indagando altresì se sussista quantomeno un onere a carico del lavoratore di indicare un recapito provvisorio per il periodo di godimento delle ferie.
— Atti unilaterali recettizi
Per poter individuare la natura giuridica delle lettere di contestazione e licenziamento disciplinare e, di conseguenza, l’operatività della presunzione legale di cui all’art. 1335 c.c., occorre innanzitutto chiarire quando un atto può definirsi recettizio.
La natura recettizia di atti o negozi giuridici unilaterali non dipende (di per sé) dalla forma eventualmente prescritta dalla legge affinché siano portati a conoscenza del destinatario quanto, piuttosto, dalla qualità degli effetti che sono destinati a produrre, ovvero dalla funzione normativamente conferitagli nell’ambito di un determinato istituto. Una funzione implicante che il negozio unilaterale, per gli effetti e le conseguenze che esso è volto a produrre in un rapporto interpersonale, debba venire a conoscenza del destinatario (Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959; Donisi, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972; Cassazione civile, sez. III, 03/10/1985, n. 4783).
Sulla scorta di tali definizioni, e in considerazione del fatto che dal ricevimento di contestazioni e provvedimenti disciplinari iniziano a decorrere, rispettivamente, il c.d. termine a difesa previsto dall’art. 7 Stat. Lav. e quello per impugnare il recesso datoriale, può ritenersi indubbio che tali atti abbiano natura recettizia e, a norma dell’art. 1334 c.c., producano effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
— Ambito di applicazione dell’art. 1335 c.c.
Particolare importanza riveste, dunque, l’individuazione del momento in cui il lavoratore giunge a conoscenza delle lettere di contestazione disciplinare e licenziamento.
A tal proposito, l’art. 1335 c.c. stabilisce una presunzione legale relativa di conoscenza nel momento in cui l’atto giunge all’indirizzo (non necessariamente alla residenza o al domicilio) del destinatario, ponendo a carico di quest’ultimo l’onere di provare l’impossibilità incolpevole di averne avuto notizia.
Tale fattispecie trova applicazione anche alle specifiche comunicazioni rivolte al lavoratore in quanto si riferisce non solo alle dichiarazioni inerenti alla formazione del contratto [“proposta”, “accettazione”] bensì a tutte le dichiarazioni recettizie, con esclusione delle notificazioni degli atti processuali a cui provvede la specifica disciplina del codice di rito.
La presunzione juris tantum di conoscenza (art. 1335 c.c.) pone, tuttavia, una serie di interrogativi nel caso in cui l’atto sia stato inviato tramite lettera raccomandata e questa non sia stata consegnata per assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla. Ci si chiede, più precisamente, se l’atto debba ritenersi conosciuto al momento del rilascio dell’avviso di giacenza o, al contrario, se la conoscenza legale sussista al momento della compiuta giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore.
- L’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la raccomandata debba considerarsi ricevuta nel momento del rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’Ufficio Postale, e non già nel momento in cui ne prenda effettivamente conoscenza, “restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario” (Cassazione civile sez. lav. 28/09/2018, n. 23589). In tema di licenziamento individuale, secondo la Corte di Cassazione, qualora la comunicazione del provvedimento di recesso, spedita al domicilio del dipendente, non sia consegnata per assenza del destinatario e di altra persona idonea a riceverla, essa “si presume conosciuta dal momento della consegna del relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale, in virtù della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. sicché da quella data decorre il termine per impugnare, spettando al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza colpa nell’impossibilità di acquisire conoscenza dell’atto” (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 31/03/2016, n. 6256).
- Accanto all’orientamento prevalente di cui sopra, occorre dar conto dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale minoritario che, in senso contrario, individua nel termine di dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore, il momento in cui si realizza la presunzione legale di conoscenza. Questo indirizzo muove dalla necessità di operare un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1335 c.c., nel rispetto del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost.
Sul solco di tale orientamento si pone una pronuncia della Suprema Corte, resa in un procedimento riguardante l’impugnazione di una delibera condominiale, secondo cui “la comunicazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore” (cfr. Cassazione civile sez. lav. 14/12/2016, n. 25791).
In altre parole, la Giurisprudenza di legittimità ha individuato nella regola dettata dall’art. 8 legge n. 890/1982 quella da applicare per individuare la data di perfezionamento della comunicazione a mezzo raccomandata.
— Prova contraria
A prescindere dall’orientamento a cui si intenda aderire, trattandosi di una presunzione iuris tantum, è fatta salva per il destinatario la possibilità di dimostrare l’impossibilità incolpevole di averne avuto conoscenza. Secondo la giurisprudenza, la prova richiesta per vincere la presunzione legale deve necessariamente avere ad oggetto un fatto o una situazione che spezza, o interrompe in modo duraturo, il collegamento tra il destinatario e il luogo di destinazione della comunicazione. Inoltre, occorre che tale situazione non possa essere superata dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cassazione civile sez. II, 06/10/2011, n. 20482).
Nel caso di comunicazioni inviate al lavoratore, quest’ultimo dovrà quindi fornire la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà, “quale, fra gli altri, la forzata lontananza in luogo non conosciuto o non raggiungibile” (cfr. Cassazione civile sez. lav., 30/07/19, n. 20519). Tale impossibilità, tuttavia, non è configurabile nell’ipotesi in cui il collegamento del soggetto con il luogo di destinazione della dichiarazione non rimanga interrotto in modo assoluto (Cassazione civile sez. II, 28/01/1985, n. 450).
— Periodo feriale e indicazione di un recapito provvisorio
Nell’ipotesi in cui il lavoratore si trovi provvisoriamente lontano dal proprio domicilio (es. per ferie, trasferimenti temporanei all’estero etc.) e tale circostanza sia nota al datore, quest’ultimo non può valersi della presunzione in esame (Cassazione civile sez. lav., 27/02/15, n. 3984). Si vuole infatti evitare che il datore, consapevole dell’impossibilità per il lavoratore di prendere conoscenza delle comunicazioni recapitategli, profitti degli effetti favorevoli di cui all’art. 1335 c.c. in violazione dei principi di buona fede di cui all’art. 1375 c.c.
Diversamente, il sol fatto che, alla data in cui viene rilasciato l’avviso di giacenza presso l’ufficio postale, il lavoratore si trovi all’estero non consente di ritenere superata la presunzione di conoscenza in questione atteso che, affinché la presunzione sia vinta, è necessaria la mancanza di colpa del destinatario in relazione all’impossibilità di prendere conoscenza della lettera raccomandata.
Sul punto, la Corte di Cassazione, nell’ambito di un procedimento in cui si controverteva in ordine alla conoscenza della contestazione disciplinare recapitata all’indirizzo del lavoratore mentre costui si trovava in ferie, ha confermato la sentenza impugnata affermando che “la corte territoriale ha escluso che S. avesse dimostrato di essersi trovato senza colpa nell’impossibilità di conoscere tempestivamente quell’atto: ha ritenuto, infatti, inconsistente la sua deduzione “circa il fatto di essere stato in ferie”, per cui il datore di lavoro avrebbe dovuto presumere che egli non fosse reperibile presso il suo domicilio, osservando che il ricorrente, al fine di ottenere che qualsiasi comunicazione attinente al rapporto di lavoro fosse inviata altrove e di rendere evidente una “incolpevole”, mancata conoscenza concreta della comunicazione di addebito, avrebbe dovuto segnalare tempestivamente alla società il suo diverso, provvisorio recapito” (Cassazione civile. sez. lav., 19/08/09, n. 18384).
Per evitare che gli possa essere mosso un addebito di colpa, pertanto, il lavoratore dovrebbe comunicare alla datrice di lavoro un recapito alternativo temporaneo. Trattasi, in tal caso, di un onere a carico del lavoratore finalizzato a superare la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c.
Talvolta, invece, l’indicazione di un recapito alternativo provvisorio può derivare da uno specifico obbligo di reperibilità disciplinato dal contratto individuale o collettivo. Ad avviso di chi scrive, ciò avviene nel caso in cui la contrattazione collettiva preveda la possibilità che il datore di lavoro, al sopraggiungere di particolari necessità legate all’azienda, chieda al dipendente il rientro anticipato dalle vacanze. Diversamente, infatti, si vanificherebbe la previsione collettiva precludendo, di fatto, al datore di lavoro l’esercizio di tale potere.
Si precisa, in ogni caso, che il lavoratore non è necessariamente tenuto a comunicare il luogo in cui intende dimorare durante il periodo feriale, essendo sufficiente l’indicazione di un indirizzo di reperibilità, sia anche telefonico, mail o altro luogo (fisico o telematico) di provvisoria domiciliazione / recapito della corrispondenza che, solo eventualmente, può coincidere con il luogo fisico in cui si trova il lavoratore in ferie.
Appare quantomai opportuno evidenziare che l’indicazione di un indirizzo di reperibilità costituisce, nell’interpretazione di chi scrive, un onere del lavoratore per superare la presunzione di cui all’art. 1335 c.c. Detto onere permane anche qualora fosse revocata in dubbio o rigettata la tesi secondo cui ciò costituisce altresì un vero e proprio obbligo a carico del prestatore, finalizzato a consentire al datore l’esercizio del diritto di interruzione o sospensione delle ferie per motivi di servizio (come, in tesi non condivisa, sostiene Cassazione civile sez. lav. 03/12/2013, n. 27057).
Dott.ssa Erika Bonollo