Dott.ssa Marta Collalto
Lo storno dei dipendenti quale atto di concorrenza sleale
Nell’economia del libero mercato l’assunzione di dipendenti altrui è di norma un atto lecito, in quanto espressione dei principi di libera circolazione dei lavoratori e di libertà d’iniziativa economica, contenuti negli artt. 35 e 41 della Costituzione.
Nella prassi, tuttavia, la sottrazione dei dipendenti dell’impresa concorrente è sovente preordinata al fine ultimo di sottrarre informazioni riservate e segreti aziendali, oltre che a sfruttare l’investimento in ricerca ed esperienza sostenuto dal concorrente privandolo delle relative professionalità.
Diventa perciò fondamentale individuare le ipotesi in cui l’assunzione di personale del competitor integra un’ipotesi di concorrenza sleale, vietata dall’ordinamento.
Lo storno di dipendenti viene ricompreso nel disposto dell’art. 2598 c. 3 c.c. il quale disciplina le ipotesi di concorrenza sleale cd. “residuali”. Detto articolo prevede che “compie atti di concorrenza sleale chiunque (…) si avvale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”, in questo senso lo storno costituisce attività illecita nel momento in cui è posta in essere con la consapevolezza dell’idoneità lesiva dell’atto e con il preciso intento (animus nocendi) di danneggiare il competitor.
L’illecito in parola presuppone l’indagine quanto alla sussistenza in concreto della volontà di creare nocumento al concorrente, infatti, una recente pronuncia della Suprema Corte ha confermato che la concorrenza sleale non può dedursi dal mero passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, ma devono rinvenire nella fattispecie gli elementi dai quali si desume l’animus nocendi dell’autore dell’illecito (Cass. Civ., sez. I, sent. 14/06/2013 n. 14990) .
Secondo la casistica giurisprudenziale, gli elementi in base ai quali si deve valutare l’illiceità dello storno sono i seguenti:
- la quantità dei lavoratori stornati;
- la portata dell’organizzazione dell’impresa concorrente;
- la posizione che i dipendenti stornati rivestivano all’interno dell’azienda concorrente;
- la non agevole sostituibilità dei dipendenti;
- la rapiditá dello storno;
- il parallelismo con l’iniziativa economica del concorrente stornante.
Ulteriori indici da cui desumere l’intento nocivo riguardano, poi, l’offerta di condizioni lavorative oltre che remunerative migliori.
L’elemento soggettivo, corroborato dagli elementi indiziari sopra menzionati, rileva ai fini dell’accoglimento dell’azione risarcitoria.
Il giudice effettua, quindi, una valutazione d’insieme dei comportamenti e delle strategie ad efficacia lesiva assunti dagli autori/coautori dello storno, per eventualmente condannarli al risarcimento del danno.
Dott.ssa Marta Collalto