Avv. Francesca Tonin
Offendere sulla bacheca Facebook può costare molto caro.
Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, recentemente confermato con sentenza n. 8328 del 1.3.2016, postare un commento offensivo sulla bacheca del noto Social Network integra il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p.L’art 595 c.p. recita “¹ Chiunque […] comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
² Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
³ Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
⁴ Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.
Per poter configurare il reato di diffamazione sono necessari tre elementi:
- offesa all’altrui reputazione, da intendersi come il giudizio o la stima di cui un soggetto gode nell’ambiente sociale, sia sotto il profilo personale che professionale;
- assenza della persona offesa (in caso contrario si rientrerebbe nell’illecito – attualmente di carattere solamente civilistico – di ingiuria);
- divulgazione del fatto offensivo con qualsiasi mezzo ad almeno due persone.
Ebbene, proprio la peculiarità del mezzo di comunicazione utilizzato ha portato la giurisprudenza a ritenere che la pubblicazione di un commento di carattere offensivo all’interno della bacheca virtuale di facebook configuri il reato di diffamazione, nella sua fattispecie aggravata di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p. in quanto commessa “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, con ciò equiparandola alla diffamazione a mezzo stampa.
Tale orientamento si fonda sul presupposto che inserire un commento ingiurioso su una bacheca di un social network significa dare al suddetto messaggio una diffusione che potenzialmente ha la capacità di raggiungere un numero indeterminato di soggetti, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona.
Si parla infatti di potenzialità, idoneità e capacità del mezzo citato per la consumazione del reato a coinvolgere una pluralità di persone, ancorché non individuate nello specifico e apprezzabili solo in via potenziale, “sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale […]”(Cass. Pen., Sez. I, sentenza n. 24431 del 28.04.2015).
E poco importa se le offese non vengono rivolte a un destinatario identificato per nome e cognome; per configurare il reato è infatti sufficiente che il soggetto sia individuabile da parte di un numero limitato di soggetti indipendentemente dall’indicazione nominativa (così Cass. Pen n. 16712/2014 e n. 7410/2010), in ragione delle modalità con le quali viene descritta la persona (basti pensare ad un generico “mio ex datore di lavoro” o “il capo dell’ufficio …”).
Per la punizione di tale delitto, inoltre, non viene richiesta la volontarietà specifica di offendere qualcuno, ma è sufficiente la mera consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e che la frase venga a conoscenza di più persone (anche soltanto due).
L’eventuale condotta “riparatoria” successiva alla pubblicazione del commento offensivo, quale ad esempio la ritrattazione, la rettifica o le pubbliche scuse, del resto, non fa venir meno il reato, potendo essere tutt’al più tenuta in considerazione dal Giudice al fine di determinare l’entità della pena o l’ammontare del risarcimento del danno.
E’ evidente, pertanto, come la rete sia soggetta agli stessi principi e agli stessi divieti dettati per tutti i mezzi di comunicazione, incontrando i limiti previsti dalla legge penale, con possibilità per la persona offesa di proporre querela nei confronti dell’autore della condotta lesiva entro il termine (previsto a pena di decadenza) di tre mesi dalla notizia del fatto.
Si impone pertanto in capo all’utente l’uso di una particolare attenzione al contenuto delle pubblicazioni su facebook, sia in forma di commento che di immagine, al fine di evitare spiacevoli conseguenze di carattere penale (ed eventualmente anche civili, in caso di citazione in giudizio per il risarcimento del danno).
Avv. Francesca Tonin