Il perimetro delle garanzie del venditore nell’ambito di una cessione di partecipazioni di una società di capitali muove dalla individuazione dell’oggetto del negozio.
La compravendita di quote o azioni di una società di capitali ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la frazione del patrimonio sociale rappresentato, sicché le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione – possono giustificare non le azioni edilizie ex vendita, bensì l’annullamento del contratto per errore (attinente ai diritti e agli obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico) solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da un qualificato contegno decettivo.
In conformità a quanto precede, le obbligazioni delle parti, discendenti da contratto di cessione delle quote o delle azioni di una società di capitali, non vengono meno in conseguenza di un fatto del tutto esterno e non direttamente collegato al concetto di valorizzazione delle partecipazioni societarie oggetto di trasferimento (Corte d’appello di Milano – 31 gennaio 2020), restando quindi chiaro che la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale tra due date di rilevazione (ad esempio, tra signing e closing) può determinare la risoluzione del contratto per mancanza delle qualità essenziali, se in tale contratto: – le parti abbiano fatto espresso riferimento ai beni compresi nel patrimonio della società con la previsione di specifiche garanzie contrattuali; ovvero, – l’affidamento della parte cessionaria sul patrimonio sociale debba ritenersi giustificato sulla base del principio di buona fede (Cass. civ. n. 22790/2019).
Non è revocabile in dubbio che le cd business warranties debbano essere oggetto, implicito od esplicito, di una pattuizione contrattuale (mi riferisco, ad esempio, alla consistenza dei lavoratori occupati, alle condizioni di legalità nell’esercizio dell’attività d’impresa, a tematiche immobiliari o ambientali, alla vigenza di contratti con clienti e fornitori, etc.).
A scanso di equivoci, la variazione dell’effettiva consistenza del patrimonio sociale rispetto ad una certa data (anteriore) presa a riferimento dalle parti nella determinazione del prezzo può tradursi (in assenza di una specifica garanzia del venditore) in una mancanza di qualità essenziali, qualora risulti che il prezzo sia stato parametrato sul valore del patrimonio netto risultante dalle scritture contabili inesatte. In tali casi non assume rilievo il fatto che nel contratto di cessione non sia stata prestata garanzia in ordine alla quantità e qualità del patrimonio sociale, in quanto a ricomprendere i beni sociali nell’oggetto del contratto è sufficiente che l’affidamento del cessionario nella sussistenza di una certa consistenza patrimoniale sia giustificato alla stregua del principio di buona fede per aver confidato nella veridicità delle scritture contabili messe a disposizione dal cedente.
Pertanto, al di là di una espressa previsione di garanzia circa la consistenza patrimoniale, finanziaria, reddituale o quant’altro, la (pur elementare) menzione di una certa situazione contabile di riferimento anche in un rapporto di presupposizione rispetto alla determinazione del prezzo, può costituire un (seppur minimo) presidio alla bontà dell’operazione di cessione.
Detto questo in termini generali, tra i più comuni criteri di determinazione del prezzo in una compravendita di partecipazioni, troviamo l’aggiustamento dello enterprise value (cash and debt free) in base alla posizione finanziaria netta della società ad una certa data di riferimento (spesso coincidente con la data di efficacia della cessione).
In tal caso, tale clausola di aggiustamento non rappresenta e non conduce ad una garanzia (esplicita o implicita) circa la consistenza del patrimonio netto della società (giacché, tra le altre cose, una variazione di PFN può, ma non necessariamente deve, riflettere anche perdite); inoltre, è bene ricordare che la sua modalità di calcolo direttamente incidente sul prezzo della compravendita non è un’operazione di diritto contabile, bensì espressione di una libera pattuizione con cui si individuano puntualmente i componenti positivi o negativi da computare a tal fine (è infatti rimesso alla libera determinazione delle parti stabilire, ad esempio, se il working capital overfunding sia qualificabile come cash-like item, se il TFM o il TFR concorrano all’indebitamento, se e quali debiti abbiano carattere finanziario e quali tra questi debbano essere inclusi o esclusi, etc.).
Parimenti, particolare attenzione deve porsi alla garanzia (qualora prestata) per sopravvenienze passive. Invero, muovendo da argomentazioni di diritto contabile, tali sopravvenienze, se non precisato diversamente, devono intendersi non tutti gli elementi negativi del reddito, ma solo le componenti straordinarie negative (Tribunale di Milano – 2 luglio 2020), ovvero le eventuali emersioni debitorie inerenti alla pregressa gestione che derivino da operazioni straordinarie o da eventi eccezionali dovendo quindi sempre tenere presenti nella loro individuazione gli elementi di: (i) straordinarietà; (ii) imprevedibilità; (iii) occasionalità; e (iv) accidentalità.
Da ultimo, sempre a tal riguardo, è bene ricordare che la richiesta di indennizzo prevista da una clausola di garanzia per sopravvenienze passive non può essere, in linea generale, ridotta per l’emersione di una sopravvenienza attiva se il contratto di cessione non reca alcuna clausola riguardante meccanismi di adeguamento del prezzo a favore del cedente nel caso di sopravvenienze attive per la società target (Tribunale di Milano – 27 novembre 2019).
Francesco Fontana