AFPC – Framarin
Il processo della persona giuridica ex D.Lgs. 231/2001: alcune precisazioni in tema di prescrizione, casellario giudiziale, archiviazione e particolare tenuità del fatto.
Molto si è scritto sulla responsabilità ex D.Lgs. 231/2001, e numerosissimi sono gli approfondimenti relativi al corpus normativo “sostanziale” del predetto decreto (soprattutto con riferimento ai modelli organizzativi e ai requisiti dell’ “interesse” e del “vantaggio”), mentre raramente viene affrontato il tema del regime processuale di tale responsabilità.
Come noto, il D.Lgs. 231/2001 introduceva, per la prima volta nel nostro ordinamento, la responsabilità amministrativa della persona giuridica, dipendente da un reato commesso nel suo interesse o vantaggio da un soggetto che occupa posizioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente, ovvero da un suo sottoposto. Tale ipotesi di responsabilità, imputabile unicamente all’ente o alla società, si affianca e si aggiunge alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il “reato” cosiddetto “presupposto”.
Detta forma di responsabilità viene formalmente qualificata come amministrativa, ma presenta dei tratti spiccatamente penalistici: si pensi al principio di legalità, alla recidiva, o al concorso formale di illeciti; esiste, addirittura, un apposito registro per l’iscrizione delle sanzioni a carico dell’ente (c.d. fedina penale delle persone giuridiche).
In realtà, si è in presenza di una responsabilità di natura ibrida, nella quale coesistono le caratteristiche peculiari della responsabilità penale e di quella amministrativa, per la quale è stato adottato il sistema processuale penale ai fini del suo accertamento e della conseguente irrogazione della sanzione.
Difatti, l’art. 34 D.Lgs. 231/2001 prevede espressamente che a tale procedimento si applichino, ove compatibili, le norme del codice di procedura penale, e che la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi appartenga al Giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono (art. 36).
Tale regime impone, quindi, che si svolga un unico processo, per l’accertamento sia della responsabilità del reato presupposto sia dell’illecito amministrativo.
La sovrapposizione tra i due procedimenti si riscontra già in fase di indagini. È difatti previsto che un unico Pubblico Ministero debba svolgere le indagini a carico dell’ente entro gli stessi termini previsti per quelle relative al reato presupposto.
Inoltre, contestato l’illecito amministrativo secondo le norme del codice di procedura penale, le due procedure si incardinano avanti al medesimo Giudice, il quale accerta – separatamente ma simultaneamente – le responsabilità dell’imputato e dell’ente. Inoltre, solo in casi eccezionali si procede separatamente nei confronti della persona giuridica, essendo previsto in via generale che il procedimento per l’illecito amministrativo sia riunito a quello penale.
È opportuno ribadire, tuttavia, che l’unicità del procedimento si contrappone alla natura autonoma della responsabilità dell’ente. Difatti, in base all’art. 8 del D.Lgs. 231/2001, la stessa sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato, non è imputabile, oppure quando il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.
Ciononostante, il processo a carico della persona giuridica presenta anche peculiarità del tutto proprie. In particolare, le principali differenze con il sistema penale si riscontrano negli istituti della prescrizione, dell’archiviazione, nella causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonché in materia di casellario giudiziale.
La prima macroscopica differenza con il regime penalistico si riscontra in relazione alla prescrizione dell’illecito amministrativo commesso dall’ente, atteso che la disciplina prevista dall’art. 22 D.Lgs. 231/2001 è molto più simile a quella civilistica di cui all’art. 2947 del codice civile in materia di illecito aquiliano, piuttosto che a quella penale. Infatti, l’illecito amministrativo si prescrive sempre in 5 anni dalla commissione del reato, e non dipende dalla gravità dell’illecito.
Inoltre, a differenza del reato presupposto, in caso di interruzione della prescrizione inizia sempre a decorrere un nuovo periodo quinquennale: tale disciplina è analoga a quella civile prevista dagli artt. 2943-2945 c.c., e si differenzia di molto rispetto a quella prevista, per i reati, dall’art. 161 c.p. (in cui vige un termine massimo).
Una seconda differenza rispetto alle norme del procedimento penale riguarda la disciplina dell’archiviazione. In particolare, l’art. 58 D.Lgs. 231/2001 prevede che il pubblico ministero possa archiviare de plano il procedimento a carico dell’ente, senza doverne chiedere l’autorizzazione al Giudice.
Una ulteriore distinzione si riscontra in materia di casellario giudiziale (c.d. fedina penale), previsto sia per le persone fisiche sia per l’ente. Entrambi tali registri rispondono generalmente all’esigenza di annotare gli illeciti (penali e amministrativi) per cui è intervenuta una condanna, al fine di applicare norme ed istituti tendenzialmente sfavorevoli in caso di nuovo processo (ad esempio la recidiva per la persona fisica, del tutto analoga alla reiterazione di cui all’art. 20 D.Lgs. 231/2001 per la persona giuridica).
In particolare, nel certificato del casellario richiesto dall’ente sono iscritti tutti i provvedimenti di condanna ad illecito amministrativo, salvo quelli di applicazione della sanzione su richiesta ex art. 63 D.Lgs. 231/2001 (cosiddetto “patteggiamento”), e quelli adottati a seguito del procedimento per decreto di cui all’art. 64 (fermo restando la relativa iscrizione nel registro informatico).
La disciplina relativa alla persona fisica è invece differente, essendo previste molte più eccezioni. Nel certificato rilasciato all’interessato, difatti, non sono ad esempio riportate le condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda, quelle relative a reati estinti a norma dell’art. 167 comma I c.p., nonché quelle ove è stata concessa il beneficio di cui all’art. 175 c.p. o per cui è stata concessa la riabilitazione.
Un’ultima, e forse più rilevante, distinzione tra il D.Lgs. 231/2001 ed il regime penalistico si ritrova nella causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p, che prevede il proscioglimento – e quindi la definitiva chiusura del processo – in caso di particolare tenuità del fatto.
Tale disciplina, prevista per le persone fisiche, non viene riproposta nel D.Lgs. 213/2001, che nulla dice sul punto. Pertanto, la domanda sorge spontanea: dal momento che la responsabilità dell’ente e della persona fisica appaiono a tratti molto simili, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile anche alla persona giuridica?
La questione, inoltre, non è puramente teorica, ma presenta importanti risvolti pratici, dal momento che l’ente potrebbe evitare l’accertamento di responsabilità qualora il fatto fosse di particolare tenuità.
Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte in una recente sentenza (Cass. pen., Sez. III, 10.07.2019, n. 1420), in cui i Giudici di legittimità hanno però escluso che l’art. 131 bis c.p. sia applicabile anche a favore della persona giuridica.
Nello specifico, i Giudici ritenevano sussistente, nonostante le analogie, una differenza sostanziale tra la responsabilità penale e quella amministrativa derivante da reato, ritenendo operante l’istituto solo in riferimento alla prima e non alla seconda.
Tale decisione comporta una serie di ripercussioni non indifferenti. In particolare, la suddetta pronuncia ammette la possibilità che, in presenza di uno stesso fatto, l’autore venga prosciolto ex art. 131 bis c.p., ma venga accertata a carico dell’ente la responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001. Ciò avviene, tuttavia, sulla base del medesimo reato già considerato di particolare tenuità, il tutto all’esito dello stesso procedimento.
Oltretutto, le conseguenze di tale decisione non si fermano a quanto appena evidenziato, ma vanno oltre. Infatti, il proscioglimento della persona fisica ai sensi dell’art. 131 bis c.p. non viene riportato nei certificati del casellario giudiziale (“fedina penale”) richiesto dal privato e dalle amministrazioni pubbliche. Invece, viene iscritto nel casellario della persona giuridica il provvedimento che accerta la responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. 231/2001, seppur fondata su un reato presupposto di particolare tenuità.
Dott. Stefano Framarin