Dott. Andrea Nardin
La materia dei reati relativi alla circolazione stradale si presenta come una realtà in continua evoluzione sia da un punto di vista normativo (si pensi alla recente riforma delle lesioni e dell’omicidio stradale) sia con riferimento alla sua applicazione pratica nei tribunali.
Particolare rilevanza risulta avere il reato di guida in stato di ebbrezza, in merito al quale sono recentemente intervenute diverse ed interessanti sentenze della Cassazione Penale, con particolare riguardo al rifiuto di sottoporsi agli accertamenti.
Tale contravvenzione è normata dall’art. 186 del Codice della Strada e prevede, come noto, diversi livelli sanzionatori a seconda del livello alcolemico riscontrato nel sangue. Il primo scaglione di punibilità della condotta prevede una sanzione amministrativa per chi si pone alla guida con un livello alcolico nel sangue tra 0,5 e 0,8 g/l. Gli scaglioni successivi configurano invece fattispecie penali: tra 0,8 e 1,5 g/l la fattispecie base (art. 186, co. 2, lett. b), con un aggravio di pena qualora superi l’1,5 g/l (art. 186 co. 2, lett. c). È comunque sempre prevista la sospensione della patente di guida, anche questa con durata sempre maggiore all’aggravarsi della fattispecie contestata.
Gli accertamenti relativi al livello di alcol nel sangue sono necessariamente strumentali e devono essere svolti secondo ben precise modalità, anch’esse stabilite dalla legge e previste all’interno dello stesso art. 186 C.d.S. ai commi 3, 4 e 5. In primis il comma 3 prevede per gli accertatori l’obbligo di effettuare un esame preliminare attraverso apparecchi portatili salvo che vi siano sintomi soggettivi evidenti (occhi lucidi, difficoltà nel parlare ecc.). Solo in caso di esito positivo di questo o, appunto, qualora gli agenti abbiano motivo di ritenere che il soggetto si trovi in stato di alterazione psicofisica , gli accertatori possono procedere all’accertamento di cui al comma 4, il c.d. etilometro, il quale deve essere effettuato a mezzo di due differenti prove.
Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, infine, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia, da parte delle strutture sanitarie di base (art. 186, co. 5 C.d.S.).
Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti di cui sopra configura condotta penalmente rilevante e ha come diretta conseguenza, a norma dell’art. 186 co. 7 C.d.S. l’applicazione delle pene di cui all’art. 186, co. 2, lett. c) e, quindi, quelle più gravi.
Nel settembre 2017 la Cassazione si è pronunciata escludendo, in alcune particolari ipotesi, la configurabilità del reato nonostante il rifiuto di sottoporsi all’alcooltest da parte del conducente.
In un primo caso, deciso dalla sentenza n. 40758 del 07.09.2017, i Giudici della Cassazione affermano come non può essere ritenuto punibile il soggetto che si rifiuti di essere accompagnato presso il più vicino Ospedale al fine di effettuare gli accertamenti strumentali in assenza di un sinistro e, soprattutto, in assenza del necessario presupposto dell’accertamento (con risultato positivo) con strumenti portatili di cui al comma 3 dell’art. 186. Particolare rilevanza è data in sentenza al fatto che tale Ospedale si trovasse ad oltre 10 km dai luoghi dell’accertamento e, ritengono i giudicanti, tale comportamento non può integrare la contravvenzione di cui all’art. 186 co. 3 C.d.S.. In altre parole la pattuglia intervenuta non era in possesso degli strumenti portatili necessari al primo accertamento e nemmeno di un etilometro. Pertanto risultava del tutto illegittima la loro richiesta di effettuare gli accertamenti presso il più vicino Ospedale. Si ritiene che gli stessi avrebbero potuto, sussistendone i presupposti, accompagnare il soggetto presso il più vicino comando come disposto dal comma 4 dell’art. 186, ma non presso l’Ospedale non essendosi verificato alcun sinistro.
Un’altra sentenza recentemente intervenuta riguarda l’applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) al rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. A prima vista sembrerebbero infatti due istituti incompatibili: il rifiuto di per sé configurerebbe il reato e a tale condotta non sembrerebbe applicabile una sorte di ‘scala di gravità’. La Cassazione è però di diverso avviso ed afferma, nella sentenza n. 42255 del 15 settembre 2017 come non vi sia alcuna aprioristica incompatibilità tra le due norme e che è onere del Giudice di merito valutare di volta in volta il caso concreto. Nel caso di specie, applicando al caso la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, era stata data rilevanza al fatto che gli accertatori, a seguito del rifiuto opposto, consentivano al conducente di guidare fino a casa dando prova del fatto che lo stato di alterazione alcolica fosse di lievissima entità.
Non sempre quindi, nonostante a prima vista la norma non lasci grandi margini interpretativi, il rifiuto di sottoporsi all’alcooltest configura il reato previsto dall’art. 186 C.d.S.. Per esercitare compiutamente i propri diritti risulta fondamentale, tuttavia, essere consapevoli dei limiti posti a tutela del cittadino all’attività ispettiva degli agenti accertatori, eventualmente avvalendosi della facoltà di farsi assistere da un avvocato. Facoltà che, è bene ricordarlo, deve sempre essere comunicata dalle forze dell’ordine.
Dott. Andrea Nardin