Avv. Giorgia Micheletto
La Giurisprudenza di merito, con una recente pronuncia del Tribunale di Torino – Sezione specializzata in materia di impresa (ordinanza del 20.02.2019), si è nuovamente pronunciata per delineare la portata applicativa dell’art. 2467 co. 2 c.c. con particolare riferimento al diritto di informazione e consultazione del socio non amministratore della s.r.l. sulle società controllate dalla società partecipata.
Il tema del controllo demandato ai soci nelle s.r.l. si apre a molteplici questioni interpretative in considerazione dell’ampia e generale portata del disposto normativo, ulteriormente ampliato con la Riforma del diritto societario che ha riconosciuto ai soci un ruolo centrale nell’attività di impresa delle s.r.l.
L’art. 2476 comma 2 c.c. attribuisce ai soci non amministratori di s.r.l. un potere generale di controllo sullo svolgimento degli affari sociali a tutela del loro concreto ed individuale interesse al buon funzionamento dell’attività gestoria ed al fine precipuo di consentire ai medesimi un esercizio cosciente dei propri diritti (diritto di voto, diritto di recesso, diritto di opzione in sede di aumento del capitale sociale, etc..), nonchè per l’esercizio di un’eventuale azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.
La norma non prevede particolari requisiti formali per l’esercizio del diritto di controllo, che può essere esercitato in sede assembleare ed in qualsiasi altro momento della vita sociale, sia in forma verbale che scritta, quest’ultima certamente preferibile per poterne documentare la relativa richiesta ed interlocuzione con gli amministratori. Inoltre, non sussiste in capo al socio alcun obbligo di motivazione o di indicazione dell’utilità e/o della finalità per cui il diritto viene esercitato (in tal senso Tribunale Milano – Sezione specializzata in materia di impresa, sentenza del 19.01.2017), fatti salvi i limiti posti al suo esercizio.
Il potere di controllo dei soci si esplica attraverso l’esercizio di due diritti distinti, ma complementari: il diritto all’informazione, che legittima il socio a richiedere agli amministratori “notizie concernenti lo svolgimento degli affari sociali”, ed il diritto alla consultazione/ispezione “dei libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”.
Il diritto all’informazione ha per oggetto l’andamento generale della gestione ed i singoli affari, ossia tutto ciò che attiene al patrimonio ed alla gestione della società, comprendendo operazioni già compiute, in corso di svolgimento o di prevedibile attuazione (a titolo esemplificativo: relazioni commerciali, programmi di acquisizione o alienazione, impieghi dell’attivo patrimoniale, concessione di prestiti, partecipazioni, etc..).
Il diritto alla consultazione attiene, invece, ad un esame diretto dei libri sociali obbligatori previsti dall’art. 2478 c.c. (libro delle decisioni dei soci, degli amministratori e del collegio sindacale) e dell’intera documentazione amministrativo-contabile in cui sono esposti i fatti e le vicende della società. Il diritto di consultazione consente una disamina particolarmente estesa avente ad oggetto tutti i documenti relativi all’amministrazione: non soltanto le scritture contabili -quali libro giornale, libro inventari, registro Iva-, ma anche corrispondenza, fatture, documentazione bancaria, contratti e accordi commerciali, atti giudiziari ed amministrativi, etc.
Attesa la complessità e l’estensione della documentazione, il legislatore prevede la possibilità per il socio di impiegare professionisti di propria fiducia per la consultazione. Nulla è previsto in ordine alla possibilità di estrarre copia della documentazione. Tuttavia, le più recenti pronunce riconoscono il diritto di estrarre copie quale corollario del potere di controllo, atteso che una limitazione in tal senso vanificherebbe il diritto stesso del socio stante la complessità richiesta dallo studio e disamina della documentazione contabile, che non può considerarsi esaurito con la sola consultazione, nemmeno nel caso in cui il socio si avvalga di un professionista al quale dovrà essere comunque consentita una più attenta analisi (in tal senso Tribunale di Bologna – Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza del 15.03.2015; Tribunale Milano – Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza del 27.03.2014; Tribunale di Venezia – Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza del 20.06.2018).
L’estensione e la rilevanza dei suddetti poteri di controllo devono essere necessariamente bilanciati con l’interesse della società, atteso che un utilizzo improprio degli stessi potrebbe comportare un nocumento allo svolgimento dell’attività di impresa ed alla gestione della società. Pertanto, sussistono dei limiti al concreto esercizio dei diritti di controllo che si estrinsecano nel principio di correttezza ex art. 1175 c.c e di buona fede ex art. 1375 c.c.: ne consegue un divieto di abuso del diritto da parte del socio che non potrà esercitarlo per fini diversi da quelli strettamente informativi o per finalità antisociali, nonché con modalità tali da arrecare pregiudizio all’attività sociale (si pensi, per esempio, al socio che rivesta una posizione extrasociale confliggente con la società, quale un’attività concorrente o un contenzioso legale pendente). In siffatti casi sussiste un vero e proprio obbligo degli amministratori di rifiutare informazioni sociali o l’accesso ai documenti ai danni della società.
Un ulteriore limite oggettivo viene individuato nella segretezza di informazioni e documenti, anche alla luce della tutela di dati sensibili (Reg. UE 2016/679) e dei segreti commerciali di cui agli artt.li 98 e 99 c.p.i. Tuttavia, gli amministratori non potranno opporre al socio ex ante una pretestuosa e generica esigenza di riservatezza, bensì dovranno valutare il caso concreto ed adottare eventualmente gli opportuni accorgimenti, quali il mascheramento preventivo nelle fatture e contratti di nomi dei clienti e dei fornitori ed i relativi prezzi, oppure il riferimento a dati sensibili nei documenti che il socio intende consultare, etc…
Ad ogni buon conto, vengono escluse dai diritti di informazione e consultazione le informazioni inerenti in senso stretto all’attività di impresa, in quanto diversa da quella riguardante l’amministrazione, quali il Know-how procedimentale necessario alla realizzazione di un prodotto o in relazione alle caratteristiche intrinseche del prodotto o servizio fornito.
Sul punto recente giurisprudenza di merito ha precisato che “Il diritto del socio non può, dunque, ricevere tutela laddove si concretizzi in un’ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità turbativa o laddove la richiesta di informazioni possa cagionare un pregiudizio alla società, risultando per l’effetto legittimo il rifiuto degli amministratori di divulgare alcuni documenti, se sussistono plausibili timori circa un possibile uso distorto delle informazioni ricavabili dai documenti. (…) Deve pertanto realizzarsi un contemperamento di tale diritto rispetto ad esigenze della società meritevoli di tutela, ad esempio in termini di riservatezza dei dati sociali, da condursi alla stregua del principio di buona fede, la cui applicazione allo specifico rapporto sociale comporta che il diritto alla consultazione della documentazione sociale e alla estrazione di copia possa trovare specifica limitazione (attraverso l’accorgimento del mascheramento preventivo dei dati sensibili presenti nella documentazione, quali, ad esempio, i dati relativi ai nominativi di clienti e fornitori) laddove alle esigenze di controllo “individuale” della gestione sociale- cui è preordinato il diritto del socio ex art. 2476 c.c. co.2- si contrappongono non pretestuose esigenze di riservatezza fatte valere dalla società” (Tribunale di Bologna – Sezione specializzata in materia dei Imprese, ordinanza 01.09.2018); ed ancora “l’esercizio del diritto di informazione e consultazione non sia preordinato a soddisfare finalità extrasociali o, addirittura, ad arrecare pregiudizio all’attività sociale o a ostacolare il suo svolgimento” (Tribunale di Venezia cit. ordinanza 20.06.2018).
La giurisprudenza di merito ha inoltre precisato che le informazioni richieste e l’ispezione effettuata dai soci devono necessariamente attenere ad elementi “già costituiti”, escludendo che possano rientrarvi documenti costituendi che implichino attività di valutazione o anche solo di elaborazione dati (Tribunale Torino, cit. ordinanza 20.02.2019).
Circa l’estensione del diritto di informazione e di consultazione del socio non amministratore della s.r.l. sulle società controllate dalla società partecipata, si sono pronunciati di recente dapprima il Tribunale di Milano con ordinanza del 27.09.2017 e successivamente il Tribunale di Torino con ordinanza del 20.02.2019.
La tematica concerne la possibilità da parte dei soci non amministratori di una s.r.l. di poter accedere ad informazioni e documentazione attinente non solo alla società di cui sono soci, ma anche alla/e società da quest’ultima partecipate, in particolare qualora si tratti di s.p.a.
Nella disciplina delle società per azioni, infatti, non vi è alcuna previsione normativa che attribuisca così ampi poteri di controllo ai soci, salvo il diritto di ispezione ad alcuni libri sociali di cui all’art. 2422 c.c., atteso che l’attività di controllo risulta prerogativa di altri organi quali il collegio sindacale.
Entrambe le pronunce hanno ritenuto che l’estensione dei poteri di controllo dei soci alla documentazione ed informazioni relative alle società partecipate vada determinata in base ai poteri di gestione spettanti all’organo amministrativo della società di cui sono soci, al fine precipuo di consentire ai medesimi la finalità di controllo sulla gestione societaria di cui all’art. 2476 co.2 c.c.
Entrambi i casi di specie riguardavano una società a responsabilità limitata (holding non operativa) che svolgeva quale unica attività la gestione di partecipazioni in società direttamente ed indirettamente controllate (tra le quali una s.p.a.). In questo contesto fattuale, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che l’organo amministrativo della holding dovesse senz’altro conoscere la documentazione amministrativa e contabile delle partecipate – ciò a prescindere dall’esercizio di attività di direzione e coordinamento della s.r.l. – atteso che la gestione delle partecipazioni risultava l’attività specifica della capogruppo. Pertanto, nel caso in esame il diritto di ispezione/informazione del socio si doveva estendere necessariamente alla documentazione e relative informazioni di cui gli amministratori disponevano, non tanto in ragione della titolarità di una partecipazione “indiretta”, ma quale esercizio dei poteri di controllo del socio sull’attività degli amministratori della s.r.l. attribuiti ex art. 2476 co.2 c.c.
Sul punto, tuttavia, il Tribunale di Torino con la citata ordinanza ha precisato che “si deve ritenere che l’organo amministrativo della holding debba senz’altro conoscere la documentazione sociale e quella attinente alle scelte gestionali di maggior rilevanza e che, di norma, la sua conoscenza non si spinga/debba spingersi a dati che riguardano la minuta operatività ordinaria delle società sottoposte a controllo/coordinamento”; conseguentemente parrebbe escludere un controllo così incisivo dei soci della s.r.l. tale da estendersi anche alla “minuta operatività ordinaria” delle società controllate.
Alla luce delle suindicate pronunce, il diritto di accesso dei soci di s.r.l. a documentazione ed informazioni di società solo indirettamente partecipate non potrà riconoscersi tout court, in linea generale ed astratta, e prescinde da ogni raffronto tra i poteri di ispezione del socio di s.r.l. e s.p.a. o con quelli dei sindaci di cui all’art. 2403-bis co.2 c.c. Detto potere, al contrario, va individuato nelle sue modalità di esercizio nel caso concreto, considerando l’oggetto sociale e l’attività effettivamente svolta dalla società, sulla base delle informazioni e della documentazione “ragionevolmente necessaria ovvero in concreto esaminata/utilizzata per l’esercizio delle proprie funzioni dall’organo amministrativo della società soggetta al potere di ispezione e conseguentemente da reputarsi nella materiale disponibilità giuridica della stessa, nella necessaria coincidenza fra poteri di gestione e poteri di controllo di una società di capitali, quale assicurata nell’attuale assetto normativo dal controllo sindacale nella s.p.a. e dal controllo dei soci non amministratori nella s.r.l.”, ciò a prescindere dall’irrilevante intestazione formale dei relativi atti.
A fronte di una disciplina così generica ed oggetto di contrasti interpretativi, risulta utile sia per la società che per i soci dettagliare meglio modalità e contenuto del diritto di controllo dei soci mediante apposite clausole statutarie, evitando – o quantomeno riducendo – possibili contenziosi giudiziari.
A tal riguardo, la derogabilità dell’art. 2476 co.2 risulta controversa, atteso che il dispositivo dell’art. 2476 co. 2 c.c. non prevede espressamente la nullità di ogni patto contrario. Tuttavia, mentre dottrina e giurisprudenza sono prevalentemente orientati a ritenere inderogabile in peius la disciplina legale, nessun dubbio interpretativo sussiste circa la possibilità di prevedere una più dettagliata ed articolata disciplina delle modalità di esercizio del diritto di controllo dei soci. Pertanto, per evitare possibili contrasti in sede di esercizio del potere di controllo dei soci lo stesso potrà essere procedimentalizzato e dettagliato nei suoi contenuti, prevedendo a titolo esemplificativo: la forma scritta delle richieste di informazioni e consultazioni; modalità e tempistiche di accesso ai locali della società per esaminare la documentazione; periodi di sospensione “feriale” dell’attività di ispezione; obbligo di sottoscrivere impegni di riservatezza; informazione periodica da parte degli amministratori, etc..
Per concludere, si evidenzia che con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”) il potere di controllo dei soci delle s.r.l. è stato ulteriormente ampliato e rafforzato, atteso che è consentito loro di esperire il rimedio – prima previsto solo per le s.p.a. – della denunzia al Tribunale di “gravi irregolarità gestionali” nei modi regolati dall’art. 2409 c.c. (l’art. 379 CCII ha modificato l’art. 2477 c.c., prevendendo al co.6 quanto segue: “Si applicano le disposizioni dell’articolo 2409 anche se la societa’ e’ priva di organo di controllo”).
La possibilità per i soci di poter utilizzare detto ulteriore strumento ai fini del controllo sulla gestione della società risulta particolarmente significativo. Si consideri che, seppur la richiesta debba provenire dai soci di minoranza che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale (disposizione peraltro derogabile con un’apposita clausola statutaria), con tale iniziativa dei soci il Tribunale potrà non solo disporre l’ispezione della società e, all’esito, adottare i più opportuni provvedimenti, ma sinanco – nei casi più gravi – revocare gli amministratori e – se ne ricorrono i presupposti- anche i sindaci della società.
Avv. Giorgia Micheletto