Avv. Stefano Peron e Francesca Tonin
La L. 24/2014, c.d. Legge Gelli, oltre a prevedere novità di “diritto sostanziale” in tema di responsabilità medica, innnova sensibilmente anche gli aspetti processuali della materia, introducendo l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicurazione, l’accertamento tecnico preventivo ex art 696 bis c.p.c. quale condizione di procedibilità e altre modifiche relativamente al rito utilizzabile, alla procedura e al termine di prescrizione.
1. Accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. (o mediazione) quale condizione di procedibilità
L’art. 8 della Legge subordina la procedibilità dell’azione di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria alla presentazione di un ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c. (ossia la “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite”).
Secondo la norma, è obbligatoria la partecipazione a tale procedimento non solo di paziente e medico/struttura sanitaria ma anche delle imprese di assicurazione dei convenuti, le quali all’esito della consulenza hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno, ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla.
Tale disposizione, peraltro, fa espressamente salva la possibilità di esperire in alternativa al procedimento di accertamento tecnico preventivo quello di mediazione, che già costituiva condizione di procedibilità per le cause sanitarie ai sensi dell’articolo 5, comma 1bis D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (mentre a questa materia non è, tutt’ora, applicabile la negoziazione assistita).
La scelta dell’uno o dell’altro istituto, tuttavia, non è priva di conseguenze pratiche.
L’avvio del procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. (in alternativa alla mediazione), oltre a consentire l’immediato espletamento della CTU medico-legale sul paziente, reca altri vantaggi nell’ottica di una definizione celere ed efficace del contenzioso (il che giova non solo al danneggiato, interessato ad ottenere velocemente il risarcimento, ma anche al medico, il quale ha la possibilità di dimostrare in tempi rapidi la correttezza del proprio operato); in particolare:
I) il primo, come già anticipato, si concretizza nell’obbligo dell’impresa di assicurazione di formulare l’offerta risarcitoria o di esplicitarne i motivi ostativi;
II) il secondo, invece, è stabilito dal comma 3 dell’art. 8 della Legge, secondo cui l’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo impone la trattazione della successiva causa (ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda nel termine perentorio di 6 mesi) secondo il rito sommario di cui agli artt. 702 bis e ss c.p.c. (più “snello” e rapido del procedimento ordinario);
III) un ultimo vantaggio è ricollegato alle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione al procedimento dell’impresa di assicurazione (considerata litisconsorte necessario); infatti, come stabilisce il predetto comma 3, “in caso di mancata partecipazione, il giudice condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione”.
Diversamente, l’avvio del procedimento di mediazione consente di realizzare immediatamente la condizione di procedibilità, che potrà essere avviato anche nelle forme del rito ordinario, durante il quale – con ogni probabilità – verrà svolta la consulenza d’ufficio.
Resta comunque salva, almeno secondo la più recente giurisprudenza (a partire da Trib. Roma, ordinanza del 17 marzo 2014), la possibilità di svolgere una consulenza “d’ufficio” in sede di mediazione e di acquisirla poi nel giudizio ordinario in caso di mancata conciliazione delle parti (ciò in base a quanto previsto dall’art. 8, co. 4, del D.Lgs n. 28/2010, a mente del quale “[…] il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali”).
Nel procedimento di mediazione, tuttavia, non è previsto il litisconsorzio necessario dell’impresa di assicurazione del sanitario e/o della struttura sanitaria e, quindi, nemmeno l’obbligo di formulare l’offerta risarcitoria.
2. Azioni esperibili, rito, termini di prescrizione e decadenza
Una volta esaurita (senza buon esito) la fase stragiudiziale, il paziente danneggiato può avviare il giudizio nei confronti del medico e/o della struttura sanitaria.
Egli può agire nei confronti della struttura sanitaria, pubblica o privata, responsabile ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. delle condotte colpose o dolose dell’esercente la professione sanitaria, anche se questi non è dipendente o se sia stato scelto dal paziente (art. 7, commi 1 e 2).
Secondo il disposto della Legge Gelli il medico, invece, risponde del suo operato ai sensi dell’art. 2043 c.c. (ossia, la sua è una responsabilità extracontrattuale), salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta direttamente con il paziente (e quindi la sua sarà una responsabilità di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c.).
Il termine di prescrizione dell’azione contrattuale è di dieci anni, mentre quello dell’azione extracontrattuale è di cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.
Nel caso in cui il danneggiato abbia esperito in via preliminare il procedimento di mediazione e la stessa non si sia conclusa con una conciliazione, questi potrà far valere le proprie doglianze in un giudizio civile ordinario senza alcun vincolo di forma (potendo validamente introdurre il procedimento di merito con atto di citazione o, se ritiene, con procedimento ex art. 702 bis c.p.c.).
Diversamente, qualora sia stata proposto ricorso ex art. 696 bis c.p.c. la Legge prevede che il successivo giudizio debba essere promosso nelle forme dell’art. 702 bis c.p.c.
Detto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dovrà essere proposto entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione del CTU – ove la conciliazione non sia riuscita – o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi dalla presentazione della domanda ex art. 696 bis c.p.c. – se il procedimento non si sia medio tempore concluso.
3. Il giudizio di merito. In particolare l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione
La principale novità della riforma è rappresentata dalla facoltà concessa al paziente di agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria, nei limiti delle somme previste dal contratto assicurativo, regolata sulla falsariga di quella di cui all’art. 144 del codice delle assicurazioni per i sinistri derivanti dalla circolazione stradale (art. 12); ricordiamo che nel nostro ordinamento una simile possibilità non è prevista negli infortuni sul lavoro e in alcuna altra azione risarcitoria, eccezion fatta per i sinistri stradali.
Detto procedimento prevede la presenza necessaria in giudizio anche del soggetto (struttura sanitaria/medico in libera professione) titolare del contratto di assicurazione.
Al momento, tuttavia, questa possibilità non è concretamente attivabile in ragione della mancata approvazione del decreto ministeriale al quale è demandata la disciplina e i requisiti minimi delle polizze assicurative (art. 10, comma 6) e alla cui entrata in vigore è subordinata la stessa vigenza della norma sull’azione diretta.
Avv. Stefano Peron e Francesca Tonin