L’art. 2497, co. 1 cc stabilisce che:
“Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette.”
Il co. 3 del medesimo articolo stabilisce che: “Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento”.
In primis, tale norma prevede quindi una responsabilità in capo alle società od enti (indipendentemente dalla struttura assunta) che esercitano “l’attività di direzione e coordinamento”.
Ex art. 2497 sexies cc, “si presume salvo prova contraria che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell’articolo 2359 cc”.
Ai sensi dell’art. 2359 cc, sono considerate società controllate:
- le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
- le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
- le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli.
La giurisprudenza, sul punto, precisa che:
L’attività di direzione e coordinamento è un quid pluris rispetto al controllo, in quanto manifestazione di un potere di ingerenza più intenso e pregnante, consistente nel flusso costante di istruzioni impartite dalla società controllante e trasposte all’interno delle decisioni assunte dagli organi della controllata, che riguardano momenti significativi della vita della società quali le scelte imprenditoriali, il reperimento dei mezzi finanziari, le politiche di bilancio, la conclusione di importanti contratti ed altro. (Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 03/02/2023, n. 462).
Il presupposto perché possa sorgere la responsabilità in capo alla società che esercita attività di direzione e coordinamento è che siano stati violati i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale.
La responsabilità della capogruppo è dunque costruita come una responsabilità “per colpa”, a conferma del fatto che il semplice esercizio dell’attività di direzione e coordinamento non è ritenuto dal legislatore di per sé come fonte di responsabilità solidale, in mancanza di una scorretta gestione societaria ed imprenditoriale.
L’individuazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale è lasciata volutamente, come avverte la stessa relazione di accompagnamento alla legge di riforma del 2003, a dottrina e giurisprudenza.
Ad esempio, nel tentativo di attribuire significati più precisi alla clausola generale, si è sostenuto che il rispetto dei principi di “corretta gestione societaria e imprenditoriale” dovrebbe imporre alla società, in presenza di una situazione di “crisi iniziale” della società dipendente, di provvedere senza indugio al suo risanamento o, in alternativa, di disporre la sua liquidazione in forma ordinata (così TOMBARI, Disciplina del gruppo, 1164).
Ferma dunque la Business Judgment Rule, andrà valutato non il merito della scelta gestionale, ma il metodo: ad esempio, se vi sia stata o meno l’assunzione di adeguate informazioni preventive o la valutazione della natura e entità dei rischi, dei costi e dei benefici connessi alle scelte gestorie.
L’attività di direzione e coordinamento potrà essere oggetto di valutazione anche per quanto attiene alla presenza o meno di assetti organizzativi e contabili e sistemi di controllo interni “adeguati” all’attività svolta.
La regolarità della condotta della società nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento andrà quindi misurata sulla base della correttezza delle istruzioni impartite e degli assetti organizzativi, contabili e di controllo predisposti; più in generale, andrà valutata la correttezza nell’individuazione dei punti di equilibrio fra l’interesse del gruppo e quello delle singole società partecipanti al gruppo.
Perché sussista la responsabilità di cui si discute è inoltre necessario che si sia verificato un danno per effetto dell’attività di direzione e coordinamento svolta dalla società in violazione dei principi di corretta gestione.
Tale danno viene individuato per i soci, nel «pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale», e per i creditori sociali nella «lesione cagionata all’ integrità del patrimonio della società».
Anche per definire il danno rilevante ai fini delle azioni di responsabilità da parte del socio o del creditore, vengono dunque utilizzate clausole generali i cui contenuti dovranno essere nuovamente individuati e precisati dall’interprete.
Per quanto attiene al danno per i soci, si tende quindi a tutelare il valore nominale della partecipazione e a proteggere l’aspetto dinamico della potenzialità redditizia della partecipazione stessa.
La lesione della redditività potrebbe, per esempio, avvenire: – quando la politica del gruppo tenda a sacrificare sistematicamente la redditività di una partecipazione sociale per avvantaggiare le altre società appartenenti al gruppo (anche se in questo caso risultano evidenti le difficoltà di prova); – in caso di alienazione da parte della capogruppo di beni strumentali indispensabili all’attività produttiva della società soggetta; – in caso di recesso della capogruppo dai contratti commerciali essenziali per la sopravvivenza della controllata; – in caso di conferimento in natura eseguito dalla capogruppo con corrispondente emissione di azioni per un valore non congruo; – in caso di prestiti rilasciati dalla capogruppo senza ragionevole contropartita.
Per quanto riguarda il danno ai creditori sociali, la dottrina ritiene che rilevino solo le lesioni all’integrità del patrimonio sociale della controllata da cui deriva l’insufficienza di questo a soddisfare le ragioni creditorie.
Secondo la giurisprudenza:
La responsabilità per attività di direzione e coordinamento ricorre quando venga dimostrata l’illegittima e antieconomica condotta della società dominante le cui scelte gestorie abbiano avuto un’incidenza causale diretta sulla società dominata ed abbiano creato a questa una lesione patrimoniale che abbia inciso e prodotto i suoi effetti sulla garanzia dei suoi creditori (Corte d’Appello di Napoli, 8.6.2020, n. 2035).
In assenza di specifiche condotte di abusiva direzione e coordinamento compiute dalle controllanti nell’interesse proprio e in aperta violazione degli interessi delle controllate, non è configurabile in capo alle prime una responsabilità da direzione e coordinamento né una violazione del canone generale di buona fede. (Tribunale Milano, Sez. spec. in materia di imprese, 19/05/2022)
La responsabilità ex art. 2497 c.c. deriva dall’esercizio abusivo dell’attività di eterodirezione, pertanto, chi agisce per far valere uno o più profili di responsabilità sulla scorta di tale previsione, è tenuto a provare l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, l’antigiuridicità della condotta e l’evento dannoso. (Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 03/02/2023, n. 462)
La sussistenza della responsabilità postula, quindi, la rigorosa dimostrazione dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento nel cui contesto sia stata realizzata la condotta lesiva, integrata dalla violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale e determinativa della lesione dell’integrità della controllata, con conseguente annientamento o riduzione della generica garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. (Corte d’Appello Messina, Sez. I, Sentenza, 23/11/2022, n. 758)
La responsabilità prevista ex art. 2497 c.c. deriva dall’esercizio abusivo dell’attività di eterodirezione o meglio contrario ai principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale. L’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento non deve tradursi in misure arbitrarie o vessatorie, prive di sostanziale giustificazione dal punto di vista dell’interesse imprenditoriale di gruppo, e in ogni caso non può pregiudicare in maniera notevole e permanente l’integrità patrimoniale e la capacità lucrativa delle società controllate. Presupposto imprescindibile della responsabilità di cui al comma 1 dell’art. 2497 c.c. è la stabilità dell’attività di direzione e coordinamento; atti isolati ed occasionali non danno luogo ad attività e potrebbero rilevare al di fuori della fattispecie in esame per affermare una responsabilità dei singoli soggetti autori di tali atti. La nozione di attività ricomprende comportamenti sia commissivi sia omissivi, legati dal filo della eterogestione. (Tribunale Napoli, Sez. spec. in materia di imprese, Sentenza, 26/09/2022, n. 8387)
La norma in esame precisa poi che la responsabilità non sussiste «quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento, ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette».
La norma richiede dunque che la valutazione del danno subito sia effettuata non sulla base di un singolo atto, che può quindi anche risultare pregiudizievole per la società, ma alla luce dell’attività di direzione e coordinamento nel suo complesso, così che non potrà parlarsi di danno, qualora la stessa società abbia ricevuto dei vantaggi dall’appartenenza al gruppo che compensino il pregiudizio derivante dal singolo atto in sé considerato.
La giurisprudenza riconosce che le società controllate possono trarre vantaggio dall’appartenenza ad un gruppo, non solo sotto il profilo dell’immagine e del conseguente credito di cui possono godere sul mercato, ma anche, in forma più immediata, in termini di utilizzazione dei servizi di comune interesse e di realizzazione di economie di scala.
La giurisprudenza ha inoltre ritenuto che la responsabilità della capogruppo debba essere esclusa qualora il pregiudizio subito dalla controllata sia stato da quest’ultima determinato (Tribunale di Milano, 18.11.2021).
Secondo Cass. Civ. n. 17696/2006 “al fine di verificare se un’operazione abbia comportato o meno per la società che l’ha posta in essere un ingiustificato depauperamento occorre tener conto della complessiva situazione che, nell’ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l’eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto e l’atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto”.
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. (Cass. pen., Sez. I, Sentenza, 01/12/2022, n. 18333).
Infine, l’art. 2497, co. 3, cc stabilisce una condizione di ammissibilità dell’azione di responsabilità per danni prevista dal 1° comma verso i soci ed i creditori della società controllata, chiarendo che l’azione per danni è ammessa solo se il socio o il creditore non sia stato soddisfatto dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento.
La Corte di Cassazione ha quindi escluso che sulla società o ente che esercita il controllo, cioè attività di direzione e coordinamento, gravi una responsabilità patrimoniale per le obbligazioni insoddisfatte della controllata (Cass. Civ. n. 29.139/2017 e n. 12.254/2015).
Riguardo alla prescrizione, la giurisprudenza in tema di responsabilità della controllante precisa che:
Nell’azione risarcitoria ex art. 2497 c.c. nei confronti di società che svolga attività di direzione e coordinamento di altra società, il “dies a quo” del termine di prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui il pregiudizio per gli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta e non dalla realizzazione dei singoli atti concretanti l’illecita condotta di direzione e coordinamento. (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 13/03/2023, n. 7262).
Francesca Zanardello – Nicola Cera