Nel corso della vita di un’impresa, non è raro che si verifichino evoluzioni organizzative o produttive tali da rendere l’immobile condotto in locazione inadeguato rispetto alle nuove esigenze aziendali.
In questi casi, ci si domanda se il conduttore possa legittimamente recedere dal contratto di locazione commerciale anche in mancanza di una clausola che gli attribuisca espressamente tale facoltà. La risposta si trova nell’art. 27, comma 8, della Legge n. 392/1978, che riconosce il diritto di recesso per gravi motivi, indipendentemente da quanto previsto in contratto.
Il recesso per gravi motivi: caratteri e limiti
Ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, L. 392/1978:
“Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.
Questo diritto ha natura imperativa e, pertanto, non può essere escluso o limitato convenzionalmente (salvo che si tratti di una grande locazione, cioè con canone superiore a 250.000 euro – art. 79 L. 392/1978).
Il recesso per gravi motivi è un diritto potestativo che può essere esercitato unilateralmente dal conduttore, purché ricorrano le condizioni previste dalla norma.
Cosa si intende per “gravi motivi”?
Secondo l’elaborazione giurisprudenziale, i “gravi motivi” sono circostanze oggettive, sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto, tali da rendere eccessivamente gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto locatizio.
Non sono sufficienti valutazioni soggettive di convenienza o strategie imprenditoriali: è necessario che i motivi siano:
- non dipendenti dalla volontà del conduttore;
- non prevedibili al momento della stipula;
- sopravvenuti rispetto all’instaurazione del rapporto;
- oggettivamente incompatibili con la prosecuzione della locazione, in termini di onerosità, funzionalità o idoneità dell’immobile.
Lo ha chiarito, tra le altre, Cass. Civ., Sez. III, 22 novembre 2000, n. 15082, affermando che:
“I gravi motivi devono consistere in fatti sopravvenuti e imprevedibili al momento della conclusione del contratto, e non rileva che essi si siano manifestati in pendenza del termine per evitare la rinnovazione.”
Ciò significa che, in caso di rinnovo tacito del contratto, la valutazione circa la prevedibilità dei motivi deve riferirsi al momento della stipula originaria e non a quello del rinnovo successivo.
Questo principio è stato ribadito anche dalla recente Cass. Civ., Sez. III, 9 maggio 2023, n. 12461, secondo cui:
“I gravi motivi devono avere carattere oggettivo, sopravvenuto e imprevedibile rispetto al momento di conclusione del contratto, e non possono dipendere da valutazioni soggettive di opportunità del conduttore.”
La crescita aziendale come causa legittima di recesso
La giurisprudenza riconosce espressamente che anche l’andamento favorevole dell’attività aziendale può costituire grave motivo di recesso, quando comporta l’ampliamento necessario della struttura e rende eccessivamente onerosa la prosecuzione del rapporto locativo.
Ad esempio, Cass. Civ., Sez. III, 10 dicembre 1996, n. 10980, ha affermato che:
“Integra grave motivo anche un andamento della congiuntura economica favorevole, sopravvenuto e imprevedibile, che obblighi il conduttore ad ampliare la struttura aziendale, rendendo particolarmente gravosa la permanenza nell’immobile locato.”
Questo principio è stato confermato da Cass. Civ., Sez. III, 20503/2023, che ha puntualizzato come:
“La legittimità del recesso va valutata in concreto, considerando – tra l’altro – le caratteristiche del bene locato rispetto alle mutate esigenze di produzione o commercio dell’azienda.”
Tuttavia, la Corte ha anche precisato che non è sufficiente l’aumento del fatturato o del personale: occorre dimostrare che tali variazioni abbiano reso l’immobile inadeguato rispetto alle esigenze dell’attività.
La prova dei gravi motivi
Nel caso di contestazione da parte del locatore, sarà il conduttore a dover fornire prova puntuale e documentata della sussistenza dei gravi motivi. In tal senso, è opportuno predisporre:
- una relazione tecnica sulle caratteristiche dell’immobile locato e sulla sua attuale inadeguatezza;
- una comparazione con le nuove esigenze aziendali, supportata da dati e documenti;
- una motivazione dettagliata nella comunicazione di recesso, pur senza necessità di fornire prove in sede stragiudiziale.
La comunicazione deve avvenire per raccomandata A/R o PEC e contenere l’indicazione esplicita e specifica dei gravi motivi; eventuali successive modifiche o integrazioni possono rendere inefficace il recesso (Cass. Civ., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13368).
Conclusioni
Il recesso per gravi motivi è uno strumento di flessibilità importante per le imprese che si trovino a dover riorganizzare la propria logistica o ampliare gli spazi di produzione. È tuttavia un istituto rigoroso, la cui legittimità dipende da una valutazione oggettiva e documentata, con riferimento al momento iniziale del contratto.
In assenza di una clausola espressa, il conduttore non è privo di tutela: la legge, attraverso l’art. 27, comma 8, L. 392/1978, garantisce un equilibrio tra la stabilità del contratto e l’adattamento alle reali necessità dell’attività d’impresa.
Dr.ssa Sofia Facco
Avv. Nicola Cera