Fino alla metà degli anni Cinquanta dottrina e giurisprudenza ritenevano che la responsabilità del notaio per danni derivanti dalla sua attività professionale fosse di natura extracontrattuale, in quanto l’incarico conferitogli dal cliente “non integra che un semplice presupposto per esercitare la pubblica funzione, che non conferisce al cliente la figura di contraente”.
Tuttavia, a decorrere dalla metà degli anni Cinquanta, è stato inaugurato un nuovo filone giurisprudenziale – ulteriormente sviluppatosi nel corso degli anni – che ha riconosciuto la natura contrattuale della responsabilità del notaio nei confronti delle parti e degli eventuali beneficiari dell’atto rogato.
Oggi, pertanto, si ritiene pacificamente che “il notaio non è un passivo registratore delle dichiarazioni delle parti, essendo contenuto essenziale della sua prestazione professionale anche il c.d. dovere di consiglio“, il quale “ha per oggetto questioni tecniche, cioè problematiche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio che una vendita formalmente perfetta possa poi risultare inefficace” (in tal senso si è espressa Cass. Civ., n. 7707/2007).
In particolare, la giurisprudenza ha affermato in più occasioni che l’opera professionale di cui è richiesto il notaio non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto, ma si estende alle attività preparatorie e successive volte ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti (v. Cass., Sez. Un., n. 13617/2012).
Quanto agli obblighi gravanti sul notaio, deve farsi riferimento a quanto precisato dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 8497 del 6.5.2020, là dove ha statuito che il notaio è tenuto ad adempiere con la diligenza qualificata ex art. 1176 c.c., comma 2, c.c. e art. 2236 c.c. ed è tenuto al dovere di consiglio e informazione, ovvero di dissuasione; dovere che trova fondamento non già nella diligenza professionale qualificata, bensì nella clausola generale di buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c. o correttezza ex art. 1175 c.c.. Come osservato anche in dottrina, oltre che regola di comportamento e regola di interpretazione del contratto, la buona fede oggettiva o correttezza – comunque da correlarsi alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto e alla qualità dei soggetti coinvolti – è infatti anche criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo fonte di integrazione del comportamento dovuto, là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio (che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici).
In tal senso, quindi, l’obbligo di effettuare le visure ipocatastali incombe senz’altro sul notaio incaricato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare, anche in caso di utilizzazione della forma della scrittura privata autenticata (v. Cass., 20/8/2015, n. 16990); e quand’anche sia stato espressamente esonerato dall’effettuazione delle visure, il notaio che sia a conoscenza o che abbia anche solo il mero sospetto della sussistenza di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita deve in ogni caso informarne le parti, essendo tenuto all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede oggettiva o correttezza (v. Cass. Civ., n. 15726/2010 e Cass. Civ. n. 264/2006).
Oltre che nell’effettuazione delle visure ipocatastali, l’obbligo di informazione e consiglio a carico del notaio è stato ravvisato:
- nel dovere di acquisire informazioni, presso la Conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno della trascrizione di una sentenza di primo grado (v. Cass. Civ., n. 7283/2021);
- nel dovere, in caso di stipula di atti relativi ad immobili siti in zone in cui via sia il potenziale rischio di sussistenza di vincoli di qualsiasi natura che incidono sulla loro commerciabilità, di effettuare indagini ulteriori e più approfondite di quelle svolte ordinariamente (v. Cass. Civ., n. 4911/2022);
- nell’aver inserito la clausola di rinuncia all’ipoteca legale da parte del venditore pur essendo a conoscenza della pressochè contestuale svendita dei medesimi immobili da parte dell’acquirente (v. Cass. Civ., n. 7185/2022).
Inoltre, la Suprema Corte, in una recentissima pronuncia, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la questione alla Corte d’appello in quanto non era stato accertato il corretto adempimento dell’obbligo di informazione e consiglio a carico del notaio in ordine alla conformità dell’immobile alle visure catastali e alle norme urbanistiche vigenti (v. Cass. Civ., n. 33439/2022).
La natura contrattuale della responsabilità del notaio caratterizza anche i casi di responsabilità da “contatto sociale” nella quale il professionista, pur in assenza di contratto, deve rispondere a titolo contrattuale dei danni cagionati nell’esercizio della sua attività; infatti, il semplice contatto fa sorgere a carico del professionista obblighi di comportamento diretti a tutelare, in particolare, l’affidamento nella corretta esecuzione della prestazione professionale a favore dei terzi estranei al negozio giuridico che si trovano in posizione qualificata.
Sulla scorta di tali principi, la giurisprudenza ha ritenuto che l’istituto bancario erogante il mutuo – danneggiato dall’inadempimento professionale del notaio – possa ottenere un risarcimento da quest’ultimo, tanto che l’istituto bancario si consideri quale terzo beneficiario del contratto di prestazione professionale tra cliente e notaio, quanto che si individui un’ipotesi di responsabilità da “contatto sociale” fondata sull’affidamento riposto nel notaio in quanto esercente una professione protetta (v. Cass. Civ., n. 4911/2022).
Per quanto attiene, infine, all’onere della prova, la più recente giurisprudenza ha affermato che quello tra cliente e notaio è un contratto di prestazione d’opera professionale per il quale valgono le regole che disciplinano la responsabilità contrattuale e la ripartizione dell’onere della prova; pertanto, di fronte all’inadempimento allegato dal cliente, sarà il professionista a dover dare la prova del fatto estintivo o impeditivo secondo le regole generali di ripartizione dell’onere della prova (v. Cass. Civ., n. 21775/2019).
Luca Valle